domenica 21 luglio 2024

Ho seguito Escher a Orvieto

 



Il quindici maggio 1922 Maurits Cornelis Escher lascia Siena. In treno, via Chiusi, si sposta a Orvieto. Nel suo Viaggio in Italia del 1957 Guido Piovene descrive Orvieto come sospesa in aria, costruita su un alto piedistallo di tufo fatto a forma di nave, di colore tra il bruno e il giallastro, che sorge tra le vigne. Dalla stazione ferroviaria Escher sale in città con la funicolare e trova una camera all'Albergo del Duomo. Per una settimana esegue schizzi della città e delle rocce, apprezza gli affreschi di Luca Signorelli in Duomo e i panorami della regione.

Forse è qui che MCE comincia ad amare i paesi arroccati e isolati, anche se già doveva essergli rimasta impressa la forma di Mont Saint-Michel, che visitò nel 1913 durante un viaggio compiuto con i genitori in Normandia. L'abbazia gotica di Mont Saint-Michel, infatti, è molto simile alla costruzione che compare nella xilografia Castello in aria del 1928. Uno dei figli di Escher, George, sostiene che Castello in aria sia stata ispirata da una favola, La principessa perduta, che il padre gli leggeva da una raccolta intitolata Om aan de kleintjes voor te lezen (Storie da leggere ai bambini ad alta voce), in cui il castello in mezzo al mare dove è imprigionata la principessa viene trasportato via da una nuvola, mentre una tartaruga (che compare nella xilografia) salva il principe e il suo cane che avevano tentato di liberare la principessa. La copia del libro che George Escher ha donato al Kunstmuseum a L'Aja è del 1898, quindi è probabile che sia quella da cui già i genitori di MCE leggevano le favole al figlio. Molti ricordi e stimoli, dunque, possono essere confluiti in Castello in aria; tra l'altro, alcuni tetti del castello sono semisferici, molto diversi da quelli di Mont Saint-Michel ma simili a quelli che Escher vide in Tunisia nel 1927.

Dieci febbraio Ventidue

Anch'io sono salito al centro storico di Orvieto con la funicolare.

Ho bighellonato per il mercato di piazza del Popolo e ammirato gli affreschi due-trecenteschi in San Giovenale. Con dispiacere ho trovato chiuse quasi tutte le botteghe degli artigiani nei pressi del Duomo. Anche a Orvieto c'è una chiesa dell'ordine dei Servi di Maria, dove MCE ritrova uno dei primitivi che preferisce, Coppo di Marcovaldo, che qui nel 1268 ha realizzato una Madonna in trono. Nella chiesa di San Domenico mi sono imbattuto in un monumento funebre dedicato a un cardinale del XIII secolo, Guillaume de Bray, che fu tra i giureconsulti che decretarono la condanna del Talmud. Nel 1244 il papa Innocenzo IV emanò una bolla antisemita, la Impia Judeorum perfidia, e approvò il rogo dei testi ebraici organizzato nel 1240 dai dottori dell'università di Parigi. Schifato, sono uscito e ho ripreso la mia passeggiata in vicolo della Pace, via delle Donne e via degli Orti, tutte ottime passioni a cui dedicarsi invece di perseguitare uomini e libri.


La mia giornata a Orvieto si è conclusa al pozzo di san Patrizio. In un cilindro scavato nel tufo della profondità di cinquantaquattro metri e del diametro di tredici, nel Cinquecento furono costruite due rampe elicoidali sovrapposte, che permettevano di scendere e salire a senso unico: in questo modo i muli con cui si trasportava l'acqua estratta non si incrociavano e non si ostacolavano.



Chiamato per secoli “pozzo della Rocca” per la vicinanza alla fortezza Albornoz, ricevette l'attuale nome nell'Ottocento dai frati del convento dei Servi di Maria, che si ispirarono alla leggenda del santo irlandese, secondo la quale da un isolotto che si trova in un lago del Donegal una grotta senza fondo permetterebbe di raggiungere il Paradiso. Il pozzo è aperto al pubblico da decenni, mi dice la bigliettaia, ma non sa esattamente da quando; la guida Baedeker dice che per visitarlo, al prezzo di 60 centesimi, bisogna chiedere la chiave al guardiano della fortezza Albornoz; se MCE l'ha fatto, dopo aver risalito i 248 gradini potrebbe essergli rimasto il desiderio di una discesa continua, che lo riporti al punto di partenza senza la fatica della salita. Questo desiderio, accentuato dalle tante arrampicate ai villaggi arroccati, potrebbe essere riemerso nel 1960, quando realizzò la litografia Salita e discesa.

[...] 

(Da Ho seguito Escher. In viaggio con l'artista in Italia, Spagna, Corsica, Tunisia, Malta,

i libri di Mompracem, Firenze 2024)



Ho seguito Escher anche:

- in Abruzzo


- a Ravello