domenica 15 novembre 2015



Ne ho seminate, di speranze, e ora raccolgo caciocavalli; ne ho fatti di castelli in aria, e pùnfete, ho battuto con il corpo in terra! […] Ho calato la secchia nel pozzo delle voglie amorose e m'è rimasto il manico in mano; ho steso il bucato dei disegni miei e mi vi è piovuto sopra a cielo aperto.
[Giambattista Basile (1575-1632), Lo cunto de li cunti]




Le occasionali delusioni non sono sufficienti, tuttavia, a far desistere noi sognatori. Ci sostiene la convinzione che la felicità sia più vicina di quanto sembri, vicina quanto il tavolino di un caffè al quale ci si siede con un amico.
Così si rianimano in noi le speranze, come accade in Qualche piccola pergola, una poesia di Giuseppe Conte contenuta nella raccolta dall'eloquente titolo Ferite e rifioriture (Mondadori, 2006):

Portami ancora, vita,
portami ancora, ti prego,
qualche piccola pergola
qualche grappolo d'uva
- c'era sul terrazzino
dalla panchina azzurra
della casa di quand'ero bambino
in via Carducci 3 -
regalamele tu
domestiche vendemmie
da cui poi ricavare
il vino di un sorriso.
Di quel sorriso schietto,
intimidito e tutto
luce candida e vera
che solo mi rassicura.
Portamelo tu ancora.
Di quello non mi privare.


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