martedì 3 ottobre 2023

Fra le rocce, con Gino Balzola, Matteo Olivero, Freya Stark e Roberto Blanchi di Roascio


Gino Balzola (Torino, 10 marzo 1927 - 9 gennaio 1983) è stato un giovane partigiano che partecipò alla liberazione di Torino, un alpinista e istruttore di alpinismo academico del CAI, fotografo di montagna e pittore.


A quarant'anni dalla sua scomparsa, il figlio Andrea ha chiesto a un gruppo di autori di scrivere un racconto di montagna ciascuno, da riunire in una pubblicazione dedicata a Gino Balzola.

È così nata l'antologia Fra le rocce. Storie e immagini di montagna, curata da Giorgio Enrico Bena e pubblicata da Neos Edizioni, nella quale ogni racconto è abbinato a una fotografia scattata dall'artista.

La presenteremo sabato 2 novembre, alle ore 16,30, alla Porta di Valle nel Filatoio di Caraglio (CN).

Il mio racconto si intitola Con Roberto in Valle Maira: leggerete di una camminata che trascende i confini del tempo, nella quale, per rendere omaggio alla ricca personalità di Gino Balzola, incontrerete fra gli altri personaggi un pittore (Matteo Olivero) e un partigiano (Roberto Blanchi di Roascio). Ospite d'onore una bambina destinata a diventare una grande scrittrice di viaggi (Freya Stark): forse non sapete che anche lei ha vissuto a Dronero.









sabato 9 settembre 2023

Centri culturali agli estremi dell'Islanda

 

Lo Snaefells è alto cinquemila piedi. Con il suo doppio cono sta alla fine di una fascia trachitica che si allontana dal sistema montuoso dell'isola.

(Jules Verne, Viaggio al centro della Terra)



Nel 2010 un giovane drammaturgo islandese, Kari Vidarsson, torna dopo i suoi anni di studi a Rif, suo paese d’origine. Rif si trova ai piedi del vulcano Snaefells, nell'omonima penisola che è una delle estremità occidentali dell'Islanda.

Da ragazzo Vidarsson aveva lavorato in uno stabilimento di lavorazione del pesce, che ritrova in stato di semi-abbandono: per dieci anni non è stato più utilizzato, è rimasta in funzione solo una malandata cucina e in un’altra stanza si riunisce saltuariamente la banda musicale del paese. Vidarsson chiede e ottiene il permesso di trasformare il decrepito edificio in un teatro. Il palcoscenico viene allestito dove un tempo si trovava il freezer per la conservazione del pesce: nasce così The Freezer Theatre. Ai primi spettacoli assiste una cinquantina di spettatori, poi i lavori di ristrutturazione procedono e nel giro di un anno viene allestita una platea che può contenere duecento persone.

Negli anni successivi Vidarsson invita a Rif artisti da Sud Africa, Ucraina, Paesi Bassi, Colombia, Regno Unito, Australia e Belgio, oltre che da tutta l’Islanda. La struttura inizia a ospitare concerti, spettacoli di danza, autori di murales, diventa residenza per artisti e cambia il proprio nome in The Freezer Culture Centre. Nel 2015 viene aperto l’omonimo ostello



Le porte e le pareti delle camere (bagni compresi) vengono messe a disposizione di un gruppo di artisti che le ricoprono con le loro creazioni. A me è capitato di dormire nella Time machine room, realizzata dall’islandese Mekkin Ragnarsdottir.




Dal 2016 al 2018 Kari Vidarsson ha portato sul palco del Freezer uno spettacolo alla cui scrittura aveva lavorato per anni e in cui ha coinvolto i bambini e i ragazzi del villaggio: Journey to the Centre of the Earth, ispirato al romanzo di Jules Verne in cui i protagonisti si addentrano nel vulcano Snaefells per raggiungere il centro della Terra.

Anche quando non sono in programma spettacoli, il teatro e la sala comune dell’ostello sono il centro culturale della zona. Nelle sere in cui sono stato ospite del Freezer, mi sono goduto la proiezione di City Lights di Chaplin e il concerto di un cantante locale, Gunnbjorn Thorsteinsson.


A 713 chilometri da Rif, nell'estremo oriente islandese, il villaggio di 
Seyðisfjörður è conosciuto per le sue gallerie, i festival e le scuole di arte contemporanea. Herðubreið è il centro comunitario in cui si tengono mostre e spettacoli. A me è capitato di vedere esposti i lavori di Hilmar Guðjónsson. I Polaroid Landscapes sono sperimentazioni fotografiche che danno vita a dei quasi-paesaggi: non esistono nella realtà ma qui li possiamo vedere.







giovedì 9 febbraio 2023

Fermata Aliano

 

Da più di trent'anni desideravo vedere i luoghi in cui Carlo Levi fu confinato e ambientò Cristo si è fermato a Eboli, uno dei libri che più amo.

Carlo Levi, già costretto al confino in Basilicata dal maggio del 1935 perché appartenente al movimento antifascista Giustizia e Libertà, dopo tre mesi fu trasferito ad Aliano, che nel libro diventa Gagliano per imitazione della pronuncia locale:

«Sono arrivato a Gagliano un pomeriggio di agosto, portato in una piccola automobile sgangherata. Avevo le mani impedite, ed ero accompagnato da due robusti rappresentanti dello Stato, dalle bande rosse ai pantaloni e dalle facce inespressive. […] salutati i miei custodi che si affrettarono a ripartire, rimasi solo in mezzo alla strada. Mi accorsi allora che il paese non si vedeva arrivando, perché scendeva e si snodava come un verme attorno ad un'unica strada in forte discesa, sullo stretto ciglione di due burroni, e poi risaliva e ridiscendeva tra due altri burroni, e terminava nel vuoto. La campagna che mi pareva di aver visto arrivando, non si vedeva più; e da ogni parte non c'erano che precipizi di argilla bianca».



Il paese di Aliano pare ricambiare l'affetto che per tutta la vita Levi gli rivolse, scegliendolo anche come luogo per il proprio funerale e per la propria sepoltura.


Allo scrittore e pittore torinese è stato dedicato un Parco letterario, grazie al quale si possono visitare una pinacoteca, un museo della civiltà contadina (che espone le maschere cornute del carnevale locale) e la casa in cui egli trascorse il periodo del confino.

La pinacoteca ospita una trentina di dipinti di Carlo Levi, realizzati tra gli anni Cinquanta e Settanta, tra i quali Raccolta delle olive ad Alassio e Ulivo, appropriati in una zona in cui la coltura principale è appunto l'ulivo. Sono esposte anche le litografie della serie Cristo si è fermato a Eboli che Levi commissionò a Francesco Esposito. Di questo artista calabrese, nativo di San Costantino Albanese e titolare di una stamperia a Torino, mi aveva parlato Anna Stratigò quando la incontrai a Lungro.

«La nuova casa aveva il vantaggio di essere in fondo al paese, fuori dagli sguardi continui del podestà e dei suoi accoliti: avrei potuto, finalmente, passeggiare senza urtarmi ad ogni passo nelle solite persone, con i soliti discorsi».

«L'alloggio era quasi vuoto: il padrone e lo zoppo suo amico mi fornirono le suppellettili necessarie. Io ci portai le cose che mi ero fatte arrivare in quei giorni: il mio cavalletto grande e la poltrona, suo necessario complemento: l'uno per dipingere e l'altra per guardare i quadri a mano a mano che li faccio: mi sono entrambi indispensabili, e mi ci sono affezionato: mi hanno sempre seguito in tutti i miei viaggi qua e là per il mondo».

La casa del confino di Carlo Levi è un'abitazione signorile costruita nel 1905, dotata di una terrazza che il pittore utilizzava per dipingere.


Aliano ricorda, con una piazza, un monumento e un circolo culturale, anche Nicola Panevino, giudice e partigiano fucilato dalle SS il 23 marzo 1945 a Cravasco, in provincia di Genova.

A Torino, la memoria dell'opera di Carlo Levi è curata dall'Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi, che ha sede presso la Fondazione Giorgio Amendola.


Venti maggio Ventitré

Firenze.

Dopo una passeggiata con gli amici Paolo e Elena, a San Miniato e poi per viale Galileo, viale Machiavelli e i Giardini di Boboli, di fronte a Palazzo Pitti incontriamo una lapide che ricorda il periodo fiorentino di Carlo Levi: