martedì 19 dicembre 2017

Sacco e Vanzetti 90/40 - L’anarchismo italiano negli Stati Uniti



Nel 2017 si è ricordato un duplice anniversario:
novanta anni fa, il 23 agosto del 1927, il calzolaio pugliese Nicola Sacco e il pescivendolo piemontese Bartolomeo Vanzetti, furono ingiustamente messi a morte sulla sedia elettrica per un crimine che non avevano commesso;

quaranta anni fa, nel 1977, Michael Dukakis, all’epoca governatore del Massachusetts, riconobbe ufficialmente l’errore giudiziario e riabilitò la memoria dei due italiani.


Il testo seguente è la traduzione di materiali presentati ad una conferenza sul caso Sacco-Vanzetti tenutasi alla Public Library di Boston nell'ottobre 1979. Li mise a disposizione dello scrivente il professor Marcello Garino, rappresentante negli anni '70 del Comitato Provinciale Sacco e Vanzetti di Cuneo, che nel 1977 aveva accompagnato negli Stati Uniti la sorella di Bartolomeo Vanzetti, Vincenzina, e che partecipò alla conferenza del 1979. Le relazioni vennero pubblicate nel 1982 in Sacco-Vanzetti: Developments and Reconsiderations - 1979. Conference Proceedings, Boston, Trustees of the Public Library of the City of Boston - 1982; la pubblicazione è consultabile gratuitamente sul sito https://archive.org 



Non ci si può occupare di Sacco e Vanzetti senza parlare dell’anarchismo e, in particolare, del movimento anarchico italiano in America. L’ideale anarchico fu la passione dominante nelle vite di Sacco e Vanzetti. Per avere un’idea della profondità di questa passione si può leggere una lettera scritta nel 1923 da Vanzetti a Victoria MacMehan, una donna dell’upper class di Boston che gli diede lezioni di inglese in prigione. Vanzetti scrive:
Cara amica, per me l’anarchia è bella come una donna, forse ancor di più, poiché comprende tutto il resto oltre a me e lei. Calma, serena, onesta, naturale, vivida, fangosa e celestiale allo stesso tempo, austera, eroica, impavida, fatale, generosa e implacabile, essa è tutto questo e ancor di più.”
La storia del movimento anarchico italiano in America comincia attorno al 1880, con l’inizio dell’emigrazione di massa italiana verso gli Stati Uniti. Gli emigrati sono prevalentemente contadini e operai, ed è da questi strati della società italiana che proviene la maggior parte degli anarchici. In America i grandi capitalisti stanno costruendo le loro fortune sullo sfruttamento della manodopera immigrata. Gli emigrati italiani si trovano a vivere e lavorare in condizioni estremamente difficili e questa situazione favorisce la diffusione delle idee anarchiche.
Il primo gruppo si forma nel 1885 a New York, che diventerà il centro principale dell’anarchismo italiano in America, ed assume il nome di Gruppo Anarchico Rivoluzionario Carlo Cafiero. Cafiero era uno dei più famosi leader anarchici attivi in Italia alla fine del diciannovesimo secolo. Un altro gruppo con lo stesso nome nasce due anni dopo a Chicago, il più importante centro dell’anarchismo italiano nel Midwest. Nel 1888 compare il primo giornale pubblicato da anarchici italiani negli Stati Uniti. Si chiamava semplicemente L’Anarchico, ed era realizzato dal gruppo di New York.
Da New York e Chicago il movimento comincia a diffondersi parallelamente all’aumento del numero degli immigrati. All’inizio è concentrato nelle grandi città portuali della costa orientale, in cui gli immigrati tendono a stabilirsi appena giunti in America. Di conseguenza, dopo il 1890 si formano gruppi di anarchici italiani a Boston e Filadelfia. Dall’est, il movimento filtra gradualmente verso ovest, e piccoli gruppi appaiono a Pittsburgh, Cleveland e Detroit. Nel 1894, infine, il movimento è ormai diffuso anche sulla costa del Pacifico, e viene fondato il primo gruppo anarchico italiano a San Francisco.
Fra gli eventi che contribuirono alla formazione di questi gruppi va ricordato il caso Haymarket negli anni 1886-87. Il 4 maggio 1886 un’esplosione in Haymarket Square a Chicago causò la morte di sette poliziotti. L’undici novembre 1887 quattro anarchici, ritenuti responsabili del fatto, furono impiccati ed un quinto si suicidò in cella. Inoltre, le autorità cercarono di stroncare il movimento anarchico sia a Chicago che a New York. Questa vicenda, però, insieme al fatto che i quattro anarchici fossero stati condannati benché la loro innocenza fosse evidente, stimolò la crescita del movimento fra gli immigrati così come fra gli americani, e, dopo il 1887, si registrò un rapido aumento del numero dei gruppi anarchici italiani.
Un secondo evento di grande importanza fu l’arrivo dall’Italia di una serie di famosi scrittori e oratori anarchici. Il Governo italiano, costringendo questi personaggi all’esilio, involontariamente contribuì, e non poco, alla diffusione dell’anarchismo nel mondo. La prima figura di spicco che giunse negli USA fu Francesco Saverio Merlino, originario di Napoli, che arrivò a New York nel 1892. Avendo vissuto per alcuni anni a Londra prima di trasferirsi negli Stati Uniti, Merlino parlava inglese abbastanza bene, oltre ad essere un buon oratore in italiano. Di conseguenza, non solo riuscì a fondare uno dei primi giornali anarchici italiani d’America, Il Grido degli Oppressi, ma diede anche vita ad un giornale anarchico in lingua inglese, chiamato Solidarity, che si rivolgeva sia agli americani che agli italiani che cominciavano a imparare l’inglese. Inoltre, Merlino tenne delle conferenze in varie città, trascorrendo alcuni mesi a Chicago. La sua propaganda orale e scritta diede un forte impulso all’anarchismo, ed il suo ritorno a Londra nel 1893 fu una sfortuna per il movimento.
Merlino fu solo il primo di una serie di portavoce dell’anarchismo. Il secondo, Pietro Gori, sbarcato a New York nel 1895, trascorse un anno negli Stati Uniti ed ebbe un impatto ancora maggiore sulla crescita del movimento. Come Merlino e Galleani, egli era un avvocato. Questi leader, provenienti da famiglie delle classi medio-alte, erano simili agli anarchici russi come Bakunin e Kropotkin, che predicavano la rivoluzione al popolo, nei cui confronti si sentivano debitori. Gori, di origine messinese, era anche un poeta e un drammaturgo, e le sue opere erano spesso recitate e rappresentate ai raduni anarchici in Nord e Sud America e in Europa. Durante il suo soggiorno negli USA Gori organizzò da 200 a 400 incontri. Per attirare i passanti, era solito cominciare a cantare accompagnandosi col mandolino, prima di parlare dell’anarchia. Assomigliava ad un menestrello girovago e ad un predicatore religioso che, da Boston a San Francisco, diffondeva il vangelo dell’anarchia. Purtroppo, Gori si ammalò al suo ritorno in Europa, e morì nel 1911.
Meno noto di Merlino e Gori, ma altrettanto importante, fu Giuseppe Ciancabilla, romano, che arrivò in America nel 1898 e si stabilì a Paterson, nel New Jersey, una delle roccaforti dell’anarchismo italiano. Egli divenne il direttore de La Questione Sociale, una rivista alla cui fondazione nel 1895 aveva collaborato anche Gori, e che era al momento uno dei principali organi dell’anarchismo italiano negli Stati Uniti. Ciancabilla in seguito si trasferì a ovest, stabilendosi fra i minatori italiani di Spring Valley, nell’Illinois. Dopo l’assassinio del Presidente McKinley nel 1901, la polizia fece delle retate fra gli anarchici, e Ciancabilla fu fra gli arrestati. Costretto a lasciare Spring Valley prima e Chicago poi, raggiunse San Francisco. Qui, mentre dirigeva La Protesta Umana, si ammalò improvvisamente e morì nel 1904, all’età di 32 anni.
Due dei più famosi leader anarchici italiani sono Errico Malatesta e Luigi Galleani. Malatesta, campano, anch’egli proveniente da una famiglia della classe media, giunse negli Stati Uniti nel 1899, ma a differenza di altri esponenti del movimento, vi si fermò solo pochi mesi. Anch’egli assunse la direzione de La Questione Sociale, tenne numerose conferenze e contribuì allo sviluppo del movimento. Durante una delle sue conferenze, a West Hoboken, nel New Jersey, un uomo di nome Domenico Pazzaglia gli sparò ad una gamba, per motivi mai chiariti. Malatesta non rimase ferito gravemente e non sporse nemmeno denuncia. Questo episodio, però, viene ricordato anche perchè l’uomo che disarmò Pazzaglia non era altri che Gaetano Bresci, l’anarchico di Paterson che l’anno seguente, il 1900, tornerà in Italia ed assassinerà il re Umberto I a Monza.
Luigi Galleani, nato in Piemonte, fu senza dubbio la figura più importante del movimento anarchico italiano in America. Per Sacco e Vanzetti era il principale punto di riferimento. Nel 1902 fu uno dei leader dello sciopero di Paterson. Accusato di aver istigato i disordini che seguirono, fu arrestato, ma riuscì a fuggire in Canada. Poi, sotto falso nome, si rifugiò a Barre, nel Vermont, altra roccaforte anarchica italiana. Il gruppo anarchico di Barre era stato fondato nel 1894 dai tagliapietre arrivati da Carrara. Fu qui che Galleani lanciò il famoso Cronaca Sovversiva, uno dei migliori giornali anarchici in assoluto. Da Barre, Galleani spostò nel 1912 la sede del settimanale a Lynn, nel Massachussetts, dove esso continuò ad uscire fino al 1918, quando fu soppresso dal governo statunitense.
Galleani era un irriducibile internazionalista, che si oppose alla Prima Guerra Mondiale con tutta la forza della sua eloquenza. Era un grande oratore, uno dei più grandi del movimento anarchico insieme a Johann Most, Emma Goldmann e Sébastien Faure. Sapeva catturare e trascinare gli ascoltatori, parlando con spontaneità e vigore, e i suoi seguaci lo riverivano come un patriarca. Il suo slogan era: “Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale.” Nella sua concezione, il compito degli anarchici non era fare la rivoluzione, ma dare l’esempio, educare il popolo affinché questo facesse la rivoluzione. L’esempio richiesto consisteva nel ribellarsi all’oppressione e aiutare gli oppressi, proponendo uno stile di vita alternativo basato sul mutuo aiuto. Dopo che, nel 1918, il governo fece chiudere Cronaca Sovversiva, Galleani fu arrestato con l’accusa di ostacolare lo sforzo bellico. Nello stesso anno fu rispedito in Italia. Quando Mussolini salì al potere, fu mandato al confino, e morì nel 1931, all’età di 71 anni.
Il grosso del movimento anarchico era costituito da operai. In particolare, a New York e Boston l’anarchismo era ben radicato fra i lavoratori tessili e fra gli edili, e a Paterson nelle grandi seterie. A Barre lo era fra gli operai delle cave, a Lynn nei calzaturifici, e a Filadelfia nelle fabbriche di sigari. A Tampa, in Florida, fin dagli anni ottanta vi era una solida comunità anarchica fra i lavoratori spagnoli e italiani delle fabbriche di sigari, tanto che essi, mentre rollavano i sigari, avevano un lettore seduto su una piattaforma sopraelevata che leggeva opere anarchiche e socialiste. Gli anarchici italiani erano molto numerosi anche fra i minatori in Pennsylvania e in Illinois, e in vari settori a Cleveland, Chicago, Detroit, San Francisco e Los Angeles.
Ideologicamente, gli anarchici italiani si dividevano in quattro categorie: Anarco-Comunisti, Anarco-Sindacalisti, Anarco-Individualisti e anarchici “semplici”. Fra di essi, comunque, non vi erano rigide divisioni, e spesso le etichette si sovrapponevano. Vanzetti, per esempio, si considerava un Anarco-Comunista, cioè rifiutava non solo lo Stato ma anche la proprietà privata. Gli Anarco-Sindacalisti, sui quali aveva una grande influenza Carlo Tresca, si affidavano al movimento sindacale, movimento che, invece, gli Anarco-Comunisti cercavano di scansare perchè temevano che dal sindacato potesse emergere un “boss” con speciali privilegi e autorità. Il terzo gruppo, gli individualisti, guardava con sospetto sia il comunitarismo che il sindacalismo degli altri, in quanto minacciavano l’autonomia degli individui. Il loro ispiratore era il filosofo tedesco Max Stirner, autore de L’unico e la sua proprietà. Essi pubblicarono alcuni fra i più interessanti periodici anarchici italiani, fra cui Nihil e Cogito, ergo sum, stampati a San Francisco all’inizio del novecento, e Eresia, che uscì a New York una ventina di anni dopo. Il quarto gruppo consisteva di anarchici puri e semplici, che si rifiutavano di aggiungere un prefisso o un suffisso al loro nome. Talvolta si definivano “anarchici senza aggettivi”, e la figura che più ammiravano era Errico Malatesta.
Molti anarchici italiani, quindi, tendevano ad evitare i sindacati. Per questo motivo, essi non svolsero un ruolo notevole nel movimento sindacale organizzato americano, diversamente, per esempio, dagli anarchici ebrei, che occupavano un’importante posizione nel sindacato tessile. Gli italiani non erano completamente assenti dai sindacati, ma erano sospettosi di ogni organizzazione formale che potesse irrigidirsi in forme gerarchiche e autoritarie. Gli anarchici russi, al contrario, organizzarono un Sindacato dei Lavoratori Russi in Stati Uniti e Canada che giunse a contare circa diecimila membri. Gli italiani evitarono questo tipo di attività, accontentandosi di partecipare agli scioperi e alle dimostrazioni. Sacco e Vanzetti presero parte agli scioperi in Massachussetts, più precisamente a Hopedale Sacco e a Plymouth Vanzetti.
Formando gruppi, pubblicando riviste, scioperando per ottenere migliori condizioni di lavoro, gli anarchici italiani crearono una società alternativa, nettamente diversa da quella capitalista che essi biasimavano. Essi avevano i loro circoli, le loro credenze, in una parola la loro cultura. Costruivano il loro mondo nel bel mezzo del sistema a cui si opponevano. Piuttosto che aspettare alla maniera dei Millenaristi l’arrivo di una “età dell’oro”, essi cercarono di realizzare l’ideale anarchico nella vita quotidiana, ritagliandosi uno spazio negli interstizi del capitalismo americano. Formarono delle piccole enclave, dei piccoli nuclei di libertà, sperando di riuscire a diffonderli e a moltiplicarli fino a coprire il mondo intero. Il senso dei loro sforzi si può riassumere con una frase di Malatesta: “Il punto non è realizzare l’anarchia oggi, domani o fra dieci secoli, ma camminare verso l’anarchia oggi, domani e sempre.” Dopo aver lavorato dieci o dodici ore in fabbrica o in miniera, tornavano a casa, cenavano e poi andavano al loro circolo anarchico, dove sfornavano pamphlet e giornali con stampatrici di fortuna, lavorando di sera e di domenica. Circa 500 giornali anarchici furono pubblicati negli Stati Uniti fra il 1880 e il 1940, in una dozzina di lingue diverse. Di questi, un centinaio erano in italiano. Oltre alle riviste, fu data alle stampe una marea di libri e pamphlet.
Gli anarchici italiani organizzavano, inoltre, una vasta gamma di attività sociali: orchestre, compagnie teatrali, picnic e gite, conferenze e spettacoli di intrattenimento. I picnic, in particolare, erano occasioni importanti non solo perchè si ballava, si beveva vino e ci si divertiva, ma anche perchè si raccoglievano fondi per finanziare i giornali.
Le conferenze erano un’altra attività molto frequente. Si svolgevano di solito in sale affittate per l’occasione o in circoli anarchici, fra cui il Gruppo Autonomo di East Boston, il Gruppo Diritto all’Esistenza di Paterson, il Gruppo Gaetano Bresci di East Harlem e il Circolo di Studi Sociali, che aveva sedi in varie città. Questi gruppi erano elencati sui fogli anarchici, insieme ai contributi versati dai loro membri. Furono questi contributi a tenere in vita il Comitato di Difesa Sacco-Vanzetti per sette anni.
Un aspetto particolarmente interessante della controcultura anarchica italiana erano le compagnie teatrali amatoriali, che mettevano in scena centinaia di opere, fra cui quelle, come Il Primo Maggio, di Pietro Gori. Un altro dramma spesso recitato era I Martiri di Chicago, ispirato al caso Haymarket. A New York c’era una “Pietro Gori Dramatical Society” che rimase in vita fino al 1960, e che si dissolse solo per la morte dei suoi membri.
La cultura alternativa anarchica era diffusa anche attraverso scuole, spesso intitolate a Francisco Ferrer, educatore spagnolo e martire del movimento. Queste scuole erano definite Moderne, perchè miravano a fornire un’educazione scientifica, in contrapposizione alle scuole parrocchiali, intrise di dogmi e superstizione religiosa, e a quelle pubbliche, in cui si insegnava a venerare generali e presidenti. Nelle Scuole Moderne i bambini venivano educati in un’atmosfera di libertà e spontaneità, studiavano le lotte operaie e i principi rivoluzionari, e imparavano a vivere e pensare liberamente. Le lezioni si tenevano di sera e di domenica, ed erano frequentate sia da bambini che da adulti.
Invece di celebrare il Natale, la Pasqua o il Giorno del Ringraziamento, gli anarchici festeggiavano il Primo Maggio, l’anniversario della Comune di Parigi il 18 marzo, e l’anniversario delle esecuzioni di Haymarket l’11 novembre. Ogni anno, in tutti gli Stati Uniti, si commemoravano queste ricorrenze, che talvolta diventavano occasioni per battezzare i bambini, non con nomi di santi, ovviamente, ma con i nomi dei grandi ribelli. Un nome molto amato era Germinal, dal titolo del romanzo di Zola, assai popolare fra gli anarchici dell’epoca. Talvolta i bambini venivano fatti battezzare da personaggi di spicco del movimento, come accadde a Emma Goldmann durante un tour di conferenze che tenne nel 1899.
Sacco e Vanzetti parteciparono a questo movimento e a queste attività. I loro nomi e i loro contributi si trovano sulle pagine di Cronaca Sovversiva. Parteciparono alle conferenze di Galleani. Volantinarono per pubblicizzarle e fecero circolare giornali e pamphlet. Andarono ai concerti e ai picnic. Recitarono negli spettacoli teatrali e contribuirono all’organizzazione degli scioperi. Quando fu arrestato, Vanzetti fu trovato in possesso della bozza di un volantino per una dimostrazione di protesta da lui preparato. In prigione continuò a scrivere articoli per la stampa anarchica, che apparvero su L’Adunata dei Refrattari, un giornale che cessò le pubblicazioni soltanto nel 1971. Attraverso le loro lettere e i loro discorsi nelle aule dei tribunali, Sacco e Vanzetti continuarono a lavorare per diffondere le loro idee.
Prima della Grande Guerra gli anarchici credevano che la rivoluzione fosse possibile e niente affatto remota. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, nel 1917, una grande ondata di repressione fu scatenata contro i movimenti radicali in tutto il Paese. La guerra significò il trionfo del capitalismo finanziario e dell’apparato statale, e diede al governo, alle industrie e alle banche l’opportunità di distruggere, in nome della sicurezza nazionale e dello sforzo bellico, il Partito Socialista, il sindacato IWW, il movimento anarchico e tutti i movimenti rivoluzionari. Al momento dell’arresto di Sacco e Vanzetti questo lavoro era ormai compiuto. Dopo la guerra, inoltre, molti leader anarchici, fra cui Luigi Galleani, Emma Goldmann e Alexander Berkman, furono espulsi dagli Stati Uniti. Il movimento anarchico italiano non scomparve del tutto, ma cessò di essere una forza significativa. I suoi giorni erano contati, e i tagli all’immigrazione diedero il colpo di grazia.

Nel 1919 c’erano state le ultime grandi rivolte dei lavoratori, e molti hanno visto nel 1920 la data d’inizio della storia dell’America moderna. Negli anni venti l’industria adotta una nuova strategia nei confronti dei lavoratori. Il consumismo, l’aumento dei salari e la pubblicità su larga scala vengono usati per integrare i lavoratori nella struttura sociale. In questo meccanismo rientrano la nascita dei mezzi di comunicazione di massa e della cultura di massa. I simboli della “American way of life” appaiono e si diffondono attraverso riviste e film. Va ricordato, però, che proprio grazie ai mass media come il cinema il caso Sacco-Vanzetti acquistò notorietà in tutto il mondo, cosa che non avrebbe potuto avvenire pochi anni prima.

(Paul Avrich, Queens College, City University of New York)


Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti 90/40 è il titolo di una campagna di Amnesty International per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo.

lunedì 9 ottobre 2017

Oromo's Gada system



Oromia is one of the nine Regional States forming the Federal Democratic Republic of Ethiopia, and it is home to about 27 millions of people.
According to Amnesty International, «prolonged protests – which began in November 2015 – over political, economic, social and cultural grievances were met with excessive and lethal force by police. The crackdown on the political opposition saw mass arbitrary arrests, torture and other ill-treatment, unfair trials and violations of the rights to freedom of expression and association. On 9 October 2016, the government announced a state of emergency, which led to further human rights violations».
That is all I knew about the Oromo people when I went to visit the Oromo Cultural Center in Addis Ababa, a huge modern building in Ras Mekonen Street.


The guided visit to the museum, situated on the second and third floors of the building, reached the point of maximum interest when I was introduced to the core of the Oromo culture: its democratic socio-political system called Gada.
The Gada system has been inscribed on the list of the intangible cultural heritage of humanity in December 2016, when Ethiopia hosted the 11th session of UNESCO’s Intergovernmental Committee for the Safeguarding of Intangible Cultural Heritage.
After the inscription, the UNESCO wrote this description of the Gada system on its website:
«Gada is a traditional system of governance used by the Oromo people in Ethiopia developed from knowledge gained by community experience over generations. The system regulates political, economic, social and religious activities of the community dealing with issues such as conflict resolution, reparation and protecting women’s rights. It serves as a mechanism for enforcing moral conduct, building social cohesion, and expressing forms of community culture. Gada is organized into five classes with one of these functioning as the ruling class consisting of a chairperson, officials and an assembly. Each class progresses through a series of grades before it can function in authority with the leadership changing on a rotational basis every eight years. Class membership is open to men, whose fathers are already members, while women are consulted for decision-making on protecting women’s rights. The classes are taught by oral historians covering history, laws, rituals, time reckoning, cosmology, myths, rules of conduct, and the function of the Gada system. Meetings and ceremonies take place under a sycamore tree (considered the Gada symbol) while major clans have established Gada centres and ceremonial spaces according to territory. Knowledge about the Gada system is transmitted to children in the home and at school.
Various sources indicated that the Gada system has the principles of checks and balances (through periodic succession of every eight years), and division of power (among executive, legislative, and judicial branches), balanced opposition (among five parties), and power sharing between higher and lower administrative organs to prevent power from falling into the hands of despots. Other principles of the system include balanced representation of all clans, lineages, regions and confederacies, accountability of leaders, the settlement of disputes through reconciliation, and the respect for basic rights and liberties.
Sources indicate that the Gada system possesses some prominent unique features when compared to western democracies. Reserches identified the distribution of power across age groups as one of these distinctive features. In explaining this identifying characteristic, the researches remarked that western democracies are very deficient in the distribution of power across generations and age groups. They went on to argue that those who assume the position control most of the authority and wealth of the country. Further the young, poor and the elders are politically and economically marginalized in western democracies.
Another one of the distinctive features pointed out is the testing period of elected leaders. The researches explain that the Gada system greatly believes in rigorous practical or actual testing of the candidates before they assume office unlike western democracy which in most cases exclusively relies on election. The Gada grade not only defines the rights and obligations of each classes but also initiations of and period of work and performances. The roles and rules attached to the age grade system are the most important elements that regulate the Gada system. When one passes from one grade to the other, his roles and responsibilities in the community also changes, in such a way, an individual or group of individuals whom are assuming the office will be critically tested in the system».
On December the 6th, 2016, UNPO (Unrepresented Nations and Peoples Organization) hailed the news with words of hope: «Amid the Oromo people’s peaceful struggle for self-determination and for a federal and democratic Ethiopia, the declaration of their traditional, socio-political governance system (‘Gada’) as UNESCO Intangible Cultural Heritage could attract much-needed international attention and help raise awareness of the Oromo’s plight. The Gada system comprises regulatory measures pertaining to issues such as conflict resolution, questions of religion and to women’s rights. In contrast to the modus operandi employed by the current, authoritarian government, the Gada form of governance contains provisions guaranteeing an effective system of ‘checks and balances’, the separation of powers and an institutionalised opposition – all of which provides safeguards against totalitarianism and a governmental abuse of power».

More information about the Gada system can be found in the “Nomination file no. 01164 for inscription in 2016 on the Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity”, presented at the Intergovernmental Committee for the Safeguarding Of the Intangible Cultural Heritage. Eleventh session, Addis-Ababa, Ethiopia, November 28 to December 2, 2016:
«Under the Gada System, Oromo society is organized into five Gada generation classes or sets which rotate every eight years to assume political, economic and ritual responsibilities. The recruitment to the membership of the five Gada classes is based not on age but rather on genealogical generation ‘descent’. The entire class progresses through eleven series grades. The system rotates every eight years to allow each class assume power in the middle of the life course (the sixth grade) called Gada (Luba)1.
The class in power is headed by a political leader known as Abba-Gada literally “father of the period”. The transition is marked by a formal power transfer ceremony. [...] The Gada System is an all-inclusive social system in which every member of the society has specified roles and duties during one’s life course. This begins when sons join the first grade as members of Gada class (generation class or set) forty years after their fathers and are initiated into the next higher grade every eight years. In the fourth grade, known as Kusa, the class forms its own internal officials (adula hayyus) and its own assembly (ya’a). […] Together with the Gada class in power, the Abba Gada is responsible for the day-to-day administration of the community’s local affairs including dispute arbitration and maintenance of social order. His duties also include transferring knowledge and skills associated with the functions of the democratic Gada System to the members of succeeding grades. The retired Abba Gada and his council called Yuba serve as counsellors for the ruling Gada Class and are in charge of administration of justice. [...] Women are consulted in making national decisions and ensuring that women’s rights are protected.
The knowledge and practices of the Gada System have been transmitted from generation to generation in various ways. At a household level, parents transmit orally knowledge about the ethics, practices and rituals of the system and socialize their children into Gada culture. Then, after sons join the Gada System and collectively as a class pass through the five grades (daballe, junior game, senior game, kussa, raba dori), the abbaa raagaa (oral historians) teach the sons argaa- dhageettii (eyewitness accounts and oral traditions) about history, laws, rituals, time reckoning, cosmology, myth, rules of conduct as well as the function and importance of the Gada System.
[...] In the meetings that take place every eight years to re-examine the existing laws, the seniors reiterate them in public and legislate new laws, demonstrate and share knowledge about the operation of the Gada System. The school curriculum in Oromiya is designed to ensure that the knowledge and skills associated with the element are transmitted to children in their tongue.
Currently, the Oromiya Radio and Television broadcast programs in the Oromo language about various aspect of the Gada System to increase awareness. As a result, when the group enters the Gada Grade (Luba), they will have acquired all the necessary knowledge to handle the responsibility of administering the country and arranging and presiding at the celebration of rituals.
[…] The Gada System distributes power across generations and down to community members, creates strong link between successive generations, and gives to the members of the community a sense of identity and continuity. Oromo philosophy, art and calendar are based on Gada as an expression of Oromo civilization. The public conduct of Individuals is governed by safuu (Oromo moral system). Gada functions as a system of cooperation, social integration, enforcement of moral conduct and principle of peaceful co-existence with other ethnic groups.
Gada is an indigenous system of human development on the basis of which the Oromo welfare system is institutionalized, communal wealth distributed, rules of resource protection and environmental conservation enforced and through which all their aspirations are fulfilled. An Oromo cannot imagine functioning as a human being or living in a community apart from rules of behaviour preserved and protected in the Gada System. […] The Gada System does not contain any element that is incompatible with existing international human rights instruments. It is a democratic and egalitarian political system based on equal access to office in which only merit counts.
In the Gada System, the supremacy of the law is paramount and the equality of all before the law is sacrosanct. Even the Abba Gada, head of the Gada executive branch, if accused of violating laws and regulations, could be impeached, tried and uprooted (buqisu) from office before official tenure and replaced by one of the members of his class.
Supreme legislative authority belongs to the people’s Chaffee or Gumi (people’s assembly). Every citizen has the right to speak and be heard in the Assembly of multitudes. Decisions over the use of common resources and the settlement of disputes are reached after thorough discussions and deliberation. Gada System of checks and balances such as respecting eight years rule, power sharing and balanced opposition of parties helps avoid subordination, exploitation, corruption and misuse of power.
The women’s siinqee institution within the System enables Oromo women to have control over resources and to form mechanisms of solidarity and sisterhood to deter men from infringing upon their rights and promote gender equality. Moreover, the Gada system contributes to sustainable development of the community as it engages every member in social and economic development duties and regulates conservation of the environment. Thus, an understanding of the System by different communities helps for inter-cultural dialogue and encourage mutual respect».



1A thorough analysis of Gada system and its history can be read in ROBELE TADESSE, Gada system and United States of Africa, 2013. More information can be found in http://www.oromostudies.org/ and in Professor Marco Bassi's publications.

lunedì 4 settembre 2017

Achieving peace in Awra Amba, Ethiopia - or how to find Utopia 74 km north-east of Bahir Dar


In 2010, French researcher Robert Joumard published an article entitled Awra Amba, an Ethiopian Utopia. He wrote: «The Ethiopian village of Awra Amba is a well established community with a truly extraordinary life style, especially in terms of equality between men and women, community spirit, absence of religion, honesty, hard work, democracy and even ecology».
Although a Utopia - literally - is a non-existing-place, Awra Amba can be reached, and pretty easily too. Everybody had heard of it at Bahir Dar's bus station: in order to get there, I was told, I simply had to take a minibus heading to Debre Tabor. That is what I did one sunny July morning: as I got on, the minibus quickly left the city and after about one hour, the driver dropped me off by a rusty post.


From that point, I had to walk for two kilometres, which I did chatting to a kid and an old man. The latter turned out to be Sisay, one of the founders of the community; he is 96 years old and still working as a farmer.
Once in the village, I was welcomed by a young guide, Asnake, as visitors are not allowed to roam freely in Awra Amba. It reminded me that, in Thomas More's masterpiece, foreigners need the help of a local guide to reach the island of Utopia, navigating through the perilous submerged rocks that surround it.
The guided tour starts from a hall where the visitor is introduced to Awra Amba's history and values. Handwritten posters explain the simple, although ambitious, vision underlying the community's everyday life.


I was also handed a two-page summary, written in English. I have copied the text here below and divided it in paragraphs, adding short titles and comments to each:

The founder, Zumra Nuru, and his four basic principles
Honorable Doctor Zumra Nuru is the founder of the Awra Amba Community. When he was six months old, he started to walk. At the age of two, he began speaking and asking questions with the ability of an adult person. At the age of four, he discovered four basic principles: respecting women's equality, respecting children's rights, helping people who are unable to work due to health problems or ageing, and changing bad behavior.

Zumra Nuru, now a seventy year old charismatic leader, was born in a Muslim family in Semada, a district in the South Gondar Zone of the Amhara State. His community is based on humanistic principles and its members are not followers of any religion; nonetheless, the description of his superhuman childhood presents him as an almost mythological being.

Zumra Nuru's parents
His mother and father were farmers. On the farm, they worked together. In the evening, when they returned home, his father was done for the day. But his mother's work continued in the house. His mother's duties were cooking wot (traditional sauce), baking injera (traditional pancake), collecting firewood, fetching water, nursing babies, washing his family's members feet, grinding grains by hand etc. These house tasks were his mother's regular duties. Even if she worked around the clock, she was not able to finish all of the house work. If she did not finish something on time, his father would insult, curse at and sometimes beat her. When he observed this situation, he couldn't tolerate what was going on. He said “House work was only her duty, nobody's else. Farm work was shared between my mother and my father. The children who lived and were cared for in the house were both of their children. Why didn't my father help my mother with the house work when she helped him with the farm work? When she failed to accomplish all those house duties and farm work, why did he beat her? Does my mother have extra strength? Why didn't my father at least wash his feet by himself?” When he examined life outside his family he realized that it was exactly same in other families.

This is the first of four paragraphs in which the origin of the above mentioned four principles is traced back in Zumra Nuru's childhood experiences.

Children exploitation
Children at the age of three or four would be given work beyond their capacity. When the work was not done properly because of their inability to do it, they were told off. Without considering their capacity to do the work, they would be physically punished. At that time, he started asking questions why this was happening to children. “Aren't they also human beings? Why are they given work beyond their capability and then punishing them?”

People with ageing and health problems
He observed people who were unable to work and who would fall on the ground because of ageing and health problems. The people who were able to work and to support themselves enjoyed eating, drinking and laughing with one another. But nobody was thinking about the people in need. He said “These people are human beings just like we are. They also need to eat and drink as we do. However they have no capability to work. If we ignore them, who will come to their help? If we leave them behind when they need us, then perhaps in the future we may also be in their situation. When we are old and sick, we will need people to help us. As we will need help from others, why don't we help those who are in need?”

The basic concept (indeed a revolutionary one for the traditional Ethiopian society in the 1970s) is that women, children, the elderly and the sick are human beings like men, with the same rights.

Conflicts
He saw and heard people insulting, cursing, lying, stealing, snatching, beating and sometimes killing one another. When we do to others what we don't want to happen to us, what is it that differentiates us from animals? If we don't think to our relatives, and if we do bad things to our relatives, what makes us better than animals?

The reaction of his parents
When he was promoting his principles his parents said, “You don't like [how?] other people think. You don't want to do what other people do. If you are already like this now, we don't know what you are going to do in the future. We don't think that you are doing these deliberately; so you must be mentally ill.” When they told him he was mentally ill, he started doubting himself if he really had a mental problem. But he couldn't figure out his illness. All he said was let us trust, collaborate, cooperate with one another, so how is he ill? Being considered he was ill, he stayed with his parents for many years.

First attempt to get out of intellectual loneliness
When he turned thirteen, he was desperate to meet some like-minded human beings. To satisfy his desire, he decided to go and find people that might share his ideas. Hoping to find such individuals, he traveled to Gojam, Wollo and to Gonder and spoke about his ideas with the people in different social gatherings away from his parents for about five years. When he did this, even if people didn't say he was mentally ill unlike his parents said him, they said: “What is this child saying? He has big ideas but who would ever put them into practice?” He couldn't find people to accept his ideas. He wished that he could get people to hear him out or at least ask him what he had in mind. But he couldn't achieve either.

Back to the village
He decided to return to his home village and became a farmer, like his parents. They thought that he was mentally ill because he had traveled from place to place on his own. When he eventually asked them to find him a fiancée they said if he was thinking of marriage, then he must be cured from his madness. They soon found a fiancée for him and he got married. He thought he would find peace within himself if he shared his harvest with elderly people or those who are struggling with health problems. When his parents saw him giving his harvest away to those in need, they said to him he hadn't been cured after all; the disease that he had caught could not be healed. They said that he didn't eat and drink well or wear good clothing. He was giving it away to non-relatives.

Universal brotherhood
He asked them, “Among us human beings, whom do you consider a relative and whom do you not consider a relative?” For him, everyone is equal. Nobody can decide whether they are black or white. Making someone black or white is the task of the creator. Being black or white is not only for us humans but also for other creatures. Humans originated from Adam and Eve, and we all stem from the same root. Then, how can human beings not to be related? As he asked this questions, he was told that he was unable to distinguish between relatives and non-relatives because he was mentally ill. They said that after seven successive generations you are no longer related. He said, “Who decides the moment when humans are no longer related after seven generations? When you reach the seventh generation, who says you will no longer be related? Humans have created the idea that we are not related if we are not from the same family. This notion brings about hostility; and hostility brings about fight. Human beings frighten other human beings just like ferocious animals. I thought that if we could live by considering all human beings as sisters and brothers, there would not be any difference or hostility among human beings.”

From ostracism to the foundation of a new community
When he realized this discrimination among human beings, he felt lonely. He was ostracized by the community due to his unique ideas. He couldn't live in such isolation. He still believed that he would be able to find people who would accept his ideas. He began travelling again during the dry season, returning home in the rainy season. He spent several years traveling. Then, one year, he was traveling from his village to Gondar and he came across some farmers in Fogera district who listened to him. When he realized they shared his vision, he kept going back to them several times to discuss his ideas with them in details. He thought that if he went there and llived with them, his wish might come true. So he left Estie district and went to live in Fogera district in 1972 with these people. This is when the Awra Amba community was established.

The rights of women
The first concept Zumra and his friends discussed was about respecting the rights of women. Woman in her femininity is a mother, and a man in his masculinity is a father. As they become mother and father. Why did the woman become a nursemaid and man become a commander? If this is because of physical strenght, let us use this strenght to work. If there is no mother, there is no father either. If calling women our wives gives the impression that they are distant relatives, let us call them our mothers. Therefore, woman and man (mother and father) both should have equal rights.

The eradication of conflict
The second topic of their discussion was how to eradicate conflict from the world, and how they can bring about peace and paradise on earth. The people who listened to his ideas asked him how conflict could be eradicated. He replied that conflict has no root. Conflict is the product of our imagination. Instead of imagining conflict in our mind, let us imagine love. The causes for conflict are bad speeches and bad deeds. We don't like it when someone does something wrong to us, so we should also avoid bad speech and bad deeds. If we live in such a way, conflict will not exist.

Achieving peace on earth
The next question his friends asked him was how we could bring about peace. He answered that peace can be achieved when the human race treats each other as brothers and sisters. If someone has a problem, all of us should lend our hands to solve that person's problem. This will make that person happy. Seeing someone feeling happy is our wealth. We should share his/her happiness. When we live harmoniously and act lovingly with one another, we feel delighted. Having created delighted life, we will bring about peace. If we bring about peace, we can bring about the paradise we want to have. Bringing about paradise is what we do before death. After death paradise cannot be created. Avoiding conflict and bringing about peace cannot be expected to descend from the sky. We have to make the effort to achieve this when we are alive.

Putting ideas into practice, facing hostility
As the result of their discussions his friends agreed on the ideas that he brought forward. The members made a promise to put these ideas into practice. When they started practicing their shared principles the people that resisted their ideology became obstacles for them to move forward. Even if the antagonists tried to harm them, they continued struggling to reach their ideas to educated people. Who do they mean by “educated people”? They mean academic intellectuals or religious leaders. They decided to sacrifice their life, until the educated people would hear their concepts, because when educated people hear and believe in an idea they will raise it. As time went on, the neighboring people continued their antagonistic hostility towards Zumra and his friends and they reported them to the Derg regime, the ruling government in Ethiopia at that time, claiming that they were members of “woyanie”, the rival front of the Derg regime. Thus the Derg regime decided to assasinate us.

The first community was made up of 66 individuals. In 1974, Emperor Haile Selassie was ousted by a military coup and power was seized by the Derg [committee], led by Colonel Menghistu Haile Mariam.

Escape and death
This resulted in us having to flee our village in Februray 1988. We went down to the southern part of Ethiopia, Bonga. When there is migration there is no occupation; when there is no occupation, there is no money. At that time we had nothing to eat, nothing to drink and we had no money for medicines or treatment when we were sick. During this period we lost most of our members and we buried their bodies under bushes. Despite this difficult circumstance, we were determined to continue our goal to reach educated people with our ideas.

A difficult return
In August 1993, we returned to our original place of residence, Awra Amba. When we came back, we found our farmland was occupied by nearby farmers. We applied to the Woreda [district], Zone and regional administrative organs in ordere to get our farmland back. The Woreda administration gave us only 17.5 hectaresof land to reside on. We didn't get enough land for agricultural purpose.
As a result we had no source of revenue and we suffered from starvation and disease. During this time, a large number of our community members died. At last we realized that we could not live only by farming, that we had to take up something else to survive. We decided to shift our focus to weaving.

Colonel Menghistu had been overthrown in 1991 by the Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front.
The most striking aspect of the story so far is the unity and determination of the community, despite the terrible experiences its members had to go through; in 1993, the community was reduced to about thirty people.

A childhood dream comes true
From 1972 to 2001, we struggled to share our ideology. But in 2001, many journalists started coming here and they disseminated our ideas in different media. One of the most successful dissemination of our idea to the Ethiopian people was broadcasted on a local television channel called Amhara TV in 2001.
Spreading Honorable doctor Zumra Nuru's basic principles throughout the country allowed him to achieve one of his childhood visions, which was to find people interested in his ideas. He missed this at the beginning of his childhood. Since then, his dream has been to make people curious about his ideas and to get them to put this ideas into practice. Even if the people are not yet practicing the ideas, people are interested in them. In the last decade many people throughout the world heard about his ideas through different media such as magazines, journals, radios, televisions and the Internet. This is the first step for him. Getting human beings to know about his basic ideas is only the beginning. Those we are talkingabout are what we are practicing.

Levels of membership
In the Awra Amba community there are two level of membership. One is Community Member and the other is Cooperative Member. The difference is that community members live either in Awra Amba or in other places by sharing and disseminating the values, principles, rules and regulations of the community to the areas in which they live. On the other hand cooperative members all live together in Awra Amba and work communally, whether they are strong or weak in order to bring about holistic economy, love and peaceful developments.

514 people are now living in Awra Amba. 167 of them are Cooperative Members; they work eight hours per day and they all get the same wage, regardless of the job: farmer, weaver, shopkeeper, driver and so on. They can earn extra money by working in their spare time. It is up to the cooperative members to decide if an applicant is to become a new member, after a probationary period. The community membership is open to anybody who shares the values of the community, but, due to lack of land and jobs, only a very small number of people asking to move to Awra Amba are accepted each year.

The five fundamental ideas
The Awra Amba community lives according to Zumra Nuru's five ideas that are put into practice. These include the equality of women, respecting children's rights, caring for those who are unable to work due to ageing or health problems, avoiding bad speech and bad deeds (doing things to others which you would want done to yourself and not doing to others what you dislike to be done to yourself), accepting all human beings as brothers and sisters regardless of their differences and living in solidarity with everyone.

The charity fund
The Community Members have a fund called “Lewegen Derash”. This fund is meant to support people who are unable to work, for treatment of sick people who have no money, for providing educational materials for children and the like. The purpose of Lewegen Derash is reaching out to those who face serious problems and to provide them relief from that problem.

It is interesting to note that people unable to work are helped regardless of their age.

Achieving peace through dialogue
Twice a month, the community members participate in a family discussion about peace. The agenda for the discussion includes for instance how to divide household tasks or family activities, or how to avoid bad speech and bad deeds. The family discussion are a key tool to bring about peace and development throughout the world by discussing and solving problems at the family level. We believe that peace can be created all over the world if everyone participates in family discussions.

Time for a comparison: how many steps towards equality and peace the European societies have taken so far? Quite a lot, I think, in the twentieth century, and we must be proud of them. It is obviously much more difficult to achieve equality in a large country than in a small village. Still, other steps have to be taken to reach full respect of women, children and fellow human beings in general. Peace is at the heart of Utopia, and peace is not everywhere in European societies, workplaces, schools, families.

Marriage rules
In the community marriage shall be entered with the full consent of the couple at the age of 19 or above for females and 20 or above for males. There is no wedding ceremony to mark the marriage. The couple continues their usual work activities. Therefore, no time or economy is wasted. Before marriage the female and the male should abstain from having sexual relations. After marriage neither the husband nor the wife should have any other sexual partner except the spouse.

The guide explained to me that community members can marry non-members from outside, but in that case the couple will be allowed to live in Awra Amba only if the spouse accepts the values of the community.

Religious belief
The Community believes in the existence of one creator that created the sky and the earth, night and day, female and male, air, sun and all the creatures that exist on earth. Our belief is conveyed by good deeds. Therefore we live by doing good deeds to people and avoid doing bad deeds. The community practices the golden rule: Do unto others as you would do unto yourself.

Grief, happiness and death
In the community every person shares the grief or the happiness of any other individual. The community tries to fulfill the needs of a person in his lifetime as much as possible. If someone is ill, we do the best to find ways to make him/her heal from his/her illness. If a person dies despite our best efforts to try and heal him/her people may burst into tears. But there is no extreme mourning period. While enough people attend the burial, the remaining community members will support the family of the deceased to help them forget their grief. After the burial ceremony, the family of the deceased will go together with other people to their regular work place. This is done to make them forget their grief. At this time, the mourning ceremony ends.

I asked to a senior representative of the community what happens to a member of the community if he/she does not follow the rules of the community concerning the religious belief or the sexual behaviour before marriage. If someone in the community does not follow all the rules of  the community - I was answered -, he/she will not be regarded as a community member. If  his/her act opposes the values of the community, he/she will be advised to return to the former community from which he/she came from
I posed another question: is there room for a change of these rules in the future? Yes there is - the reply was -. If, through discussion, we find values or ideas which are much better for the well being of mankind than those that we have now, we can replace  them by the best ones.


Is life in the village coherent with the principles of the founders? I cannot answer because I only spent two days there and saw what I was showed by the guide. I would say the community looks peaceful; there is no distinction between “male” and “female” jobs, children are not exploited, kids go to secondary school and about twenty people got a degree, eight elderly people are cared for in a specific building, a lunch break is enjoyed by everybody.



Anyway, it is not easy to distinguish between a community's wishes and reality. A comprehensive analysis of the community's life – with its contradictions - can be found in the above mentioned Joumard's article.
An update is perhaps necessary: alcohol, cigarettes, khat and even coffe are not allowed in Awra Amba because they are considered addictive and there is no apparent trace of consumerism; nonetheless, a youg man told me about his addiction to social networks. I wonder if they will be banned too and, if so, how.

When I was in Awra Amba, the electricity was off; apparently, it happens quite often. At eight o'clock in the evening, some people were still chatting in the dark room of the small café. In a few minutes, everybody went home; I spent some time in the alleys of the village, alone, in the dark. Very peaceful.

venerdì 5 maggio 2017

Uomini in cammino, macchine in scena





L'associazione Dèi Camminanti di Vicopisano organizza da tre anni una festa che raduna persone che amano i cammini, di ogni genere. Inevitabile che il borgo toscano sia diventato un luogo in cui è molto alta la probabilità di incontrare persone di valore. Questo, d'altra parte, è uno dei motivi principali per cui ci si mette in cammino. Quando, poi, l'incontro è inaspettato, il piacere è ancora maggiore.

Così è accaduto, una domenica mattina di aprile, all'amico Ferruccio e a me: annullato all'ultimo momento il previsto incontro con uno scrittore, decidiamo di visitare il centro storico di Vicopisano; quando stiamo per partecipare ad una visita guidata al palazzo del Pretorio, ci viene suggerito di impiegare i minuti di attesa della guida dando un'occhiata ad una piccola mostra ospitata in due stanze al pianterreno del palazzo. Si tratta di macchine di scena per il teatro, ci dicono.

L'uomo che ci accoglie è Luciano Minestrella, che è l'autore delle macchine e dei modelli esposti e l'animatore della Mirabilis Teatro societas di Magliano Sabina, in provincia di Rieti. Non è quindi un abitante di Vicopisano, ma si capisce subito perché sia qui: il borgo in cui ci troviamo venne fortificato per conto di Firenze da Filippo Brunelleschi e la torre che si trova a pochi metri di distanza porta il suo nome; i primi modelli che Luciano ci illustra sono tratti da progetti di Brunelleschi, da lui rintracciati nelle opere di Vasari. Dopo gli studi universitari in Filosofia, infatti, Luciano ha compiuto un lavoro di ricerca e studio del Rinascimento italiano, e delle botteghe artigianali fiorentine nel Quattrocento, che lo ha condotto ad interessarsi al teatro scenografico. Nelle sue opere teatrali – ci spiega - “la scenografia diviene una presenza significativa, non è semplicemente l'ambiente entro il quale il racconto si muove, ma una simbiosi con il racconto stesso e in alcuni casi un divenire il racconto stesso”. E aggiunge: “Iniziai a progettare e costruire grandi macchine sceniche affidando ad esse il racconto di storie antiche e della vita del tempo presente”.

Le forme brunelleschiane su cui lavorò inizialmente (per prima, com'è ovvio, la cupola e, quindi, la sfera e la semisfera) vennero rielaborate nel 2000 per uno spettacolo dedicato alla Natività. Buio in sala. Gli spettatori siedono intorno al palcoscenico posto al centro del teatro, sul quale c'è una sfera di legno, composta da due semisfere sovrapposte. Il loro punto di contatto è all'altezza degli occhi degli spettatori: la prima luce che li colpisce proviene dall'interno della sfera all'inizio dello spettacolo, quando la semisfera superiore viene lentamente sollevata. Poi si accende una seconda luce, proveniente dall'alto, e così la semisfera che si solleva proietta un'ombra via via più ampia che arriva a comprendere sotto di sé tutti gli spettatori.



Cominciamo a capire che le macchine non sono quinte o fondali, ma sono gli elementi principali dell'opera teatrale, quelli a cui è affidato il compito di trasmettere allo spettatore una conoscenza. O meglio, di risvegliare una conoscenza, perché la spiegazione di Luciano assume toni platonici: conoscere è ricordare ciò che è in noi innato. Come certi archetipi, sottolinea: la sfera o l'uovo che si aprono e la luce che squarcia per la prima volta il buio sono da sempre i simboli dell'origine nelle culture indoeuropee. “Le macchine sceniche rappresentano la pulsione vitale della storia da narrare, sono il corpo che si prende lo spazio dove esprimersi in un movimento costante. E il suo movimento non è la ripetizione meccanica di un gesto, ma il ritmo vitale che spoglia della materia fredda quell'oggetto e lo eleva a soggetto narrante”.

Innate, secondo Luciano, sono anche le capacità manuali; quando un individuo che ne è dotato ha la fortuna di nascere in un luogo abitato da persone che si dedicano da generazioni alle corrispondenti attività professionali, ecco che le potenzialità si realizzano. Mi trattengo dall'interrompere l'artista per fargli notare che da platonico sta diventando aristotelico. La sua fortuna, prosegue, è stata quella di nascere a Magliano Sabina, dove ha potuto crescere immerso nel patrimonio tecnico e artistico degli artigiani del paese. Ha imparato a lavorare il legno, con il quale costruisce le sue macchine, e ha capito che l'ideatore di un congegno non può delegare ad altri la sua costruzione perché, in quel caso, non potrebbe infondergli ciò che, attraverso la macchina, la propria anima vuole comunicare ad altri. La macchina sarebbe inerte, nessuno stimolo vitale raggiungerebbe lo spettatore e l'anamnesi non avverrebbe. La macchina, ridotta a pura materia, susciterebbe un piacere limitato ai sensi. Estetismo invece di filosofia. “Il teatro, invece, dev'essere fatto con le stesse mani dei suoi operatori, un teatro dove la materia diventa azione”.



Queste considerazioni piacerebbero a Giordano Bruno, che nel suo De la causa, principio e uno elabora il concetto di Vita-materia. Bruno nega che la materia sia “potenza pura, nuda, senza atto, senza virtù e perfezione”. Essa, invece, contiene “l'avvio di tutte le forme, sicché da esso tutte le produce e le emette”. La materia è, dunque, principio infinito di vita infinita e la morte non è che mutazione delle sue accidentali composizioni. La struttura fondamentale dell'essere, ad ogni livello, è la vicissitudine, cioè la continua trasmutazione, senza la quale la vita si arresterebbe. Dal concetto di Vita-materia consegue l’omogeneità di tutti gli esseri, poiché non vi è differenza per quanto riguarda la materia che li costituisce. Che cosa, dunque differenzia l’uomo dagli animali? Esclusa la materia, non rimane che la forma, cioè la struttura corporea. Bruno individua, perciò, nella mano la peculiarità che caratterizza l'uomo e la sua civiltà. L'uso congiunto di intelletto e mano conduce alla virtù attraverso il lavoro, le invenzioni, la curiosità, la fatica.



A Bruno, sostenitore dell'infinità dei mondi, sarebbe forse piaciuta anche Contaminazioni, un'opera di Luciano Minestrella ispirata ai versi di Alfred Tennyson:



Venite amici,

che non è mai troppo tardi

per scoprire un nuovo mondo.

Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte.



Le linee che descrivono lo scafo di una nave fuoriescono da uno strato di mare composto di scaglie di solfato di rame, l'albero maestro è piegato, la sua cima poggia ai piedi della polena, le sue funi diventano strumenti di traino del ponte dove un grande timone, a forma di calotta di un globo, delinea le rotte da seguire per raggiungere la terra designata”.


Ferruccio ed io abbiamo ormai rinunciato alla visita guidata del palazzo e passiamo nella seconda stanza, dove Luciano ci mostra una delle sue macchine a grandezza naturale: un Ippogrifo, bicefalo e senza zampe, utilizzato per uno spettacolo ispirato all'Orlando furioso. Teste e ali sono montate su un carro, le cui due ruote sono collegate con una cinghia di trebbiatrice ad un ingranaggio; questo fa muovere avanti e indietro, alternate, le due teste, una con la bocca più aperta e una più chiusa, in modo da creare, come in un cartone animato, l'effetto del cavallo ansimante per la corsa.





I confini tra sogno e realtà sono così labili in Ariosto... Le difficoltà di chi usa materia, che è qualcosa che ha un suo peso che può facilmente generare pesantezza, che ha un suo volume che ancor più facilmente può divenire ingombrante, nell'esprimere il volo nel territorio della fantasia è tanta. Noi ci abbiamo provato e in questo volo pindarico abbiamo trasportato il nostro bagaglio culturale che affonda le sue radici in una cultura agreste e di lavoro manuale. L'Ippogrifo è nato come esigenza di dare una immagine tangibile al concetto di fantasia, doveva essere quell'elemento di presenza costante nello spettacolo, elemento generatore delle varie fasi del racconto teatrale. L'Ariosto era il riferimento letterario. Copiare fedelmente l'esposizione ariostesca era come riesumare una salma, qualcosa che era ormai lontano, un sogno che aveva intrapreso il lungo cammino verso l'infinito, da dove non si fa più ritorno. E volevamo allora dare a questo sogno una vita nuova per percorrere le vie tracciate dal predecessore. Ne sono passati di secoli, di scoperte nuove si è arricchito l'uomo... ed è forse un caso allora che il nostro Ippogrifo ha come elemento del suo esistere parte del carro di Elia con cui Astolfo salì sulla luna? Se dovessimo esprimere i sentimenti che genera in noi, artefici di questa macchina scenica, l'Ippogrifo, diremmo solo che su questo carro percorriamo ogni giorno quel tratto di vita che dà colore e calore alla nostra umile esistenza”.



Nel suo lavoro, Luciano toglie la maggior quantità possibile di materia, a partire da quella ornamentale. Lo spettatore non deve essere distratto dal compiacimento del senso della vista, ma essere messo in condizione di cogliere l'essenziale attraverso il movimento di quella porzione di materia che costituisce la macchina. Il legno è povero, leggero. Nell'Ippogrifo ci sono le bocche, perché per galoppare bisogna respirare. Ci sono le ali, perché per andare a vivere nei nostri sogni ci vuole un sostegno. C'è la cinghia della trebbiatrice, perché per volare ci vogliono radici forti. Il minimo di materia, quindi, e il massimo di forma, di essenza. Nel metodo di Luciano risuona la stessa tensione verso la perfezione che anima la filosofia aristotelica: tutto ciò che esiste si trasforma, e lo fa per raggiungere la propria forma, l'essenza; la forma pura, cioè la perfezione, il punto di arrivo finale di tutte le trasformazioni della materia, non può esistere nel mondo reale perché tutti gli esseri sono composti di materia e forma indissolubilmente legate; la perfezione, tuttavia, è ciò verso cui tutto ciò che si trasforma tende, è ciò che innesca e muove il divenire attirando verso di sé gli esseri; come la persona amata, la quale, pur immobile o addirittura ideale, attrae l'amante senza dover fare nulla. Nemmeno esistere nella realtà.