Ne ho seminate, di
speranze, e ora raccolgo caciocavalli; ne ho fatti di castelli in
aria, e pùnfete,
ho battuto con il corpo in terra! […] Ho calato la secchia nel
pozzo delle voglie amorose e m'è rimasto il manico in mano; ho steso
il bucato dei disegni miei e mi vi è piovuto sopra a cielo aperto.
[Giambattista
Basile (1575-1632), Lo
cunto de li cunti]
Le occasionali delusioni
non sono sufficienti, tuttavia, a far desistere noi sognatori. Ci
sostiene la convinzione che la felicità sia più vicina di quanto
sembri, vicina quanto il tavolino di un caffè al quale ci si siede
con un amico.
Così si rianimano in noi
le speranze, come accade in Qualche piccola pergola, una
poesia di Giuseppe Conte contenuta nella raccolta dall'eloquente
titolo Ferite e rifioriture (Mondadori, 2006):
Portami ancora, vita,
portami ancora, ti
prego,
qualche piccola
pergola
qualche grappolo d'uva
- c'era sul terrazzino
dalla panchina azzurra
della casa di
quand'ero bambino
in via Carducci 3 -
regalamele tu
domestiche vendemmie
da cui poi ricavare
il vino di un sorriso.
Di quel sorriso
schietto,
intimidito e tutto
luce candida e vera
che solo mi rassicura.
Portamelo tu ancora.
Di quello non mi
privare.