lunedì 24 gennaio 2022

La Seconda guerra mondiale vista da Malta

 


Nel 1935, quando Vittorio Emanuele III, Mussolini e la loro cricca di generali e profittatori guerrafondai diedero il via all'invasione dell'Etiopia, le autorità militari britanniche rinforzarono le difese della colonia di Malta, ritenendola a rischio di attacchi aerei e sottomarini.

Si sbagliarono soltanto rispetto alla tempistica: i bombardamenti aerei italiani iniziarono nel giugno del 1940, dopo la dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna. Il primo raid della Regia Aeronautica colpì Malta l'11 giugno alle 6,55 del mattino: tre bombe caddero sul forte di Sant'Elmo, uccidendo sei militari britannici. A partire dal 14 gennaio 1941, ai bombardieri italiani si aggiunsero quelli tedeschi. La capitale Valletta e le cittadine circostanti, fra le quali Senglea (L-Isla) e Vittoriosa (Birgu), vennero devastate nei mesi seguenti.

Il centro storico di Valletta dal forte di Sant'Elmo

Senglea (L-Isla) da Valletta

La «Domenica del Corriere» dedicò all'assedio di Malta la copertina del numero del 25 gennaio 1942, sulla quale compare una veduta del porto di Malta in cui le navi britanniche vengono colpite e affondate da un nugolo di aerei nazifascisti; sullo sfondo, il centro storico di Valletta in fiamme. Nello stile che da molti anni, già ben prima del fascismo, caratterizzava le ignobili copertine militariste e colonialiste del settimanale, la guerra è presentata come uno spettacolo. La roboante didascalia recita: «L'offensiva aerea su Malta. Giorno e notte gli aeroplani dell'Asse attaccano la base inglese del Mediterraneo, tempestando di bombe gli impianti del nemico e affondando o danneggiando le navi che si trovano nei porti». Non sono raffigurati gli esseri umani vittime dei bombardamenti, forse per evitare ai lettori un barlume di riflessione sulle conseguenze della violenza.

Nel solo mese di aprile 1942, gli aerei dell'Asse sganciarono 6.727 tonnellate di bombe su Malta, causando la morte di 339 civili e 208 militari.

Privi di rifornimenti a causa del blocco navale nazifascista, i maltesi rimasero a corto di cibo. A partire dal gennaio 1942, il governo decise di raccogliere fra i cittadini i generi alimentari in loro possesso e convogliarli a cucine comunitarie (le “Victory Kitchens”), alle quali poi la popolazione si recava per ricevere i pasti. Un anno dopo, le cucine comunitarie erano 170 e preparavano i pasti per oltre 175.000 persone (su un totale di circa 250.000 abitanti dell'arcipelago).

Fu solo nel novembre del 1942 che l'assedio si concluse, dopo che, con lo sbarco degli Alleati in Marocco e Algeria (e il contrattacco dei sovietici a Stalingrado), le sorti della guerra nel Mediterraneo si volsero a loro favore. I convogli di rifornimenti angloamericani cominciarono a raggiungere Malta illesi. I bombardamenti avevano ucciso in tutto circa 1.300 civili e distrutto 30.000 edifici, tra pubblici e privati. Per anni, i paesaggi che per secoli avevano attirato lo sguardo di viaggiatori e artisti erano stati violentati dalla presenza di navi da guerra, bombardieri, esplosioni, postazioni contraeree, e soprattutto si erano trasformati da luoghi di bellezza in teatri di morte.

Nel luglio 1943, gli Alleati insediarono a Malta il comando dell'Operazione Husky, cioè il loro sbarco in Sicilia. Morte e distruzione vennero trasferiti su un'altra isola.

Malta ha allestito due ottimi musei dedicati alle vicende della Seconda guerra mondiale che si sono svolte sull'isola: il National War Museum, ospitato nel forte di Sant'Elmo, e le Lascaris War Rooms, le sale sotterranee dalle quali vennero diretti prima la resistenza all'attacco italo-tedesco e poi lo sbarco degli Alleati in Sicilia.  






Alla loro visita si può far seguire quella del Museo dello Sbarco in Sicilia, che si trova a Catania nel complesso culturale Le Ciminiere (immediatamente a nord della Stazione Centrale, in viale Africa).



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