«È più difficile onorare la memoria dei senza nome che non quella degli uomini famosi».
(Walter Benjamin)
Nel settembre del 1943, circa 700 ebrei che si trovavano in domicilio coatto a Saint-Martin
Vésubie e in altre località del Nizzardo tentarono di mettersi in salvo riparando in Italia. Originari di vari Paesi
europei, le traversie della persecuzione nazista li avevano condotti
nella valle francese della Vésubie, dal 1942 occupata dall'esercito
italiano che, nonostante l'alleanza con il regime tedesco, non li
aveva consegnati alla deportazione; dopo l'8 settembre 1943,
temendo l'arresto da parte dei tedeschi e sperando di trovare
protezione in Italia, valicarono fortunosamente i colli di confine, Ciriegia e Finestra, seguendo i reparti della IV Armata dell'Esercito Italiano.
La
popolazione delle borgate situate fra Valdieri e Borgo San Dalmazzo
ospitò generosamente alcune delle famiglie ebree provenienti da
Saint-Martin Vésubie: decisivo fu lo sforzo organizzativo di don
Raimondo Viale, il parroco di Borgo San Dalmazzo la cui storia è
raccontata da Nuto Revelli nel suo libro-intervista Il prete
giusto. Ad Andonno, fu grazie al parroco don Borsotto che
trovò protezione la famiglia Sharon, la cui vicenda è ricostruita
da Adriana Muncinelli in Even, pietruzza della memoria.I nazisti, però, occuparono l'Italia settentrionale e più di trecento degli ebrei vennero arrestati, in base al bando emanato dal comando tedesco il 18 settembre 1943; a
Borgo San Dalmazzo venne allestito un campo di concentramento nell'ex caserma degli Alpini, che sorgeva in un'area oggi
destinata a uffici pubblici. Il 21 novembre, gli ebrei internati nel campo di
concentramento vennero trasferiti, con un treno formato da
carri-bestiame, dalla stazione di Borgo San Dalmazzo a Nizza, quindi
trasportati a Drancy e infine ad Auschwitz. I sopravvissuti furono 39.
Accanto alla
stazione ferroviaria di Borgo San Dalmazzo sorge il
Memoriale della deportazione.
(foto di Aldo Galliano)
Proseguendo su corso Nizza, subito oltre il Memoriale
si trova l'ex chiesa di Sant'Anna, nella quale il 5 settembre 2021 è stato inaugurato MEMO4345, uno spazio dedicato alla memoria degli ebrei che qui giunsero nel settembre 1943.
Il percorso allestito permette di conoscere le storie degli ebrei passati nelle Valli Gesso, dal luogo di origine alle vicende che li condussero a Borgo San Dalmazzo e alla deportazione o alla salvezza; le biografie sono state riscostruite da Adriana Muncinelli ed Elena Fallo nel fondamentale studio Oltre il nome.
Storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San
Dalmazzo.
Per aiutarci a capire come la Shoah e gli altri genocidi siano potuti accadere, le storie degli ebrei deportati sono affiancate da pannelli che spiegano le ideologie che li hanno provocati, a partire dal nazionalismo.
Si continua con la descrizione del terreno favorevole alla propagazione del male e delle "erbacce", i comportamenti che lo favoriscono: la tendenza a sottomettersi all'autorità del più forte, lo spirito gregario, il conformismo di massa, l'odio per il diverso, il rifiuto di immedesimarsi negli altri. Comportamenti che si stanno ripetendo nel nostro secolo e che vanno riconosciuti e contrastati. Una linea del tempo accompagna il percorso segnalando appunto i fatti che dalla fine dell'Ottocento hanno contribuito all'orrore degli stermini in tutto il mondo e quelli che sono stati invece compiuti dalla parte del bene, da parte di chi pensa che il male non è inevitabile.
Si chiude con il racconto degli episodi in cui persone di Borgo San Dalmazzo e delle Valli Gesso, i Giusti locali, hanno aiutato le vittime delle persecuzioni. Esempi per il nostro presente, prima che sia - ancora una volta - troppo tardi.