domenica 26 luglio 2020

Il sacrario di Piancastagna e altri luoghi della Resistenza in provincia di Alessandria





A Piancastagna, frazione di Ponzone (AL), si trova il sacrario dedicato ai partigiani e ai civili uccisi dai nazisti durante il rastrellamento del 7-10 ottobre 1944.



L'operazione nazifascista si svolse in questo modo:
«Bandita di Cassinelle fu oggetto il 7 ottobre di un’azione tedesca che si inquadrava nel più vasto movimento che aveva come obiettivo di garantire le comunicazioni nazifasciste tra il savonese e l’acquese. Alle cinque del mattino giunsero da Ovada gli attaccanti con 8 camion e due autoblinde. I partigiani dell’VIII Divisione GL non si attendevano l’attacco e furono colti completamente di sorpresa. Sorpreso il posto di blocco partigiano della Madonnina, i tedeschi marciarono rapidamente sul paese; la prima brigata GL si sbandò e non contrastò l’avanzata dei tedeschi, che giunsero in paese, assassinarono quattro contadini incontrati per strada e subito dopo sei partigiani catturati, incendiarono circa quaranta case e ritornarono ad Ovada con venti civili in ostaggio (liberati alcuni giorni dopo). 


La Madonnina



Le altre due brigate GL non si mossero. La dura sconfitta (pagata ad alto prezzo dalle popolazioni) mise in luce le deficienze del movimento partigiano dovute ad eccessivo concentramento di uomini non adeguatamente addestrati (molti disertori dall’esercito della RSI), con un’organizzazione sommaria ed armamento deficitario. Questi limiti furono confermati dalla riunione che si tenne il giorno seguente a Toleto tra i vari comandanti della divisione, la quale si concluse con la scelta di lasciare liberi i vari reparti di comportarsi secondo le proprie valutazioni: uno praticamente si sciolse, gli altri due risultarono indeboliti dallo sbandamento di molti effettivi.

I tedeschi, rinforzati da reparti della Brigata nera e della San Marco, sferrarono un attacco concentrico lungo quattro direzioni: da Ovada verso Molare, San Luca e Olbicella (da nord), da Acqui verso Visone, Grognardo e Morbello (in direzione sud-est), dal Sassello verso Croce del Grino e Piancastagna (in direzione nord-est) e ancora da Acqui verso Ponzone, Cimaferle e Piancastagna (direzione sud). Le formazioni partigiane della Divisione GL "Ligure-Alessandrina" si attendevano l’attacco ma, per una decisione incomprensibile del comandante Vito Doria “Carlo” si attestarono attorno a Olbicella, sede del comando, con l’intenzione di sostenere una difesa statica (che era in netto contrasto con la tattica della guerriglia partigiana). Il comando della divisione era dunque attestato ad Olbicella: la colonna tedesca proveniente da Ovada superò facilmente un punto minato (le cui mine non erano state innescate a causa del tradimento di un infiltrato fascista) e, uccisi sei partigiani che inaspettatamente si erano imbattuti nelle forze avanzanti, venne fermata per un’ora da una squadra con mitragliatrice al bivio di Binelle. 



La lapide che commemora i sei partigiani uccisi

Il partigiano Giovanni Villa “Pancho” corse in paese per avvertire il comando dell’imminente arrivo del nemico: ma il suo sforzo fu vano, perché il commissario si attardò incredibilmente per nascondere il materiale intrasportabile: i partigiani vennero sorpresi, alcuni caddero in combattimento, alcuni fuggirono e sette vennero catturati: uno, studente sedicenne, dopo una feroce bastonatura ebbe risparmiata la vita: gli altri sei vennero impiccati agli alberi della piazza, alla presenza della popolazione, come “nemici dell’Italia e della Germania”. Gli uomini della Brigata nera si divertirono a dilaniare i corpi penzolanti con le baionette; a Pancho che gli sputava in volto un miliziano fascista sfracellava la mascella con il calcio del fucile. Il paese fu saccheggiato e poi bruciato, insieme a molte cascine dei dintorni.


La lapide dedicata ai caduti di Olbicella

La difesa ad ovest era affidata a un reparto di sessanta uomini (tra cui molti disertori della San Marco) comandato dal capitano degli alpini Domenico Lanza “Mingo” (medaglia d’oro al valor militare), vice-comandante della divisione: alle sette del mattino del 10 ottobre le due colonne provenienti da Acqui e dal Sassello si incontrarono e marciarono verso Piancastagna, dove furono fermate dalle quattro mitragliatrici di Mingo disposte sulla cresta che domina la strada tra Abasse e Piancastagna. I partigiani resistettero sino a mezzogiorno poi, esaurite le munizioni, si sganciarono mentre Mingo restava a coprire la ritirata, e cadde colpito al volto e al petto mentre, a colpi di bombe a mano, tentava di fermare i camion nemici. Altri sette partigiani vennero uccisi nell’inseguimento: uno di essi, un tenente della San Marco che aveva disertato per unirsi ai partigiani, si uccise per non cadere prigioniero. Gli stessi tedeschi rispettarono il valore del capitano Lanza e ne fecero ricomporre la salma convenientemente»(fonte: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Provincia di Alessandria "Carlo Gilardenghi")




Nel sacrario di Piancastagna sono state poste cinque opere d'arte dedicate a "Mingo" e a quattro aspetti fondamentali della Resistenza.




La partecipazione delle donne


L'aiuto delle popolazioni contadine


I deportati


L'aiuto dei religiosi


Dal sacrario si può compiere una camminata ad anello di circa sei ore che tocca alcuni luoghi significativi nella storia della Resistenza locale.
A poche decine di metri dal sacrario (720m.), in direzione S, si imbocca la stretta strada asfaltata per Cascina Tiole, sede di una Casa Forestale. Si prosegue in direzione NE su una sterrata che poi piega a SE e si arriva alla località Bricco (704 m.).




Si continua in discesa verso S fino a Batresca, dove nel corso dell’attacco del 10 ottobre 1944 furono radunati molti anziani rastrellati dai nazifascisti. Da Batresca si scende al ponte che guada il Rio di Roccabianca e si risale su una strada asfaltata che giunge a Pessina, dove cinque partigiani vennero catturati e le case della frazione bruciate.
Si prosegue in direzione O e poco prima della località Bottazzi si volta a sinistra e si imbocca il sentiero 535 (tacche e cartelli bianchi e rossi). Il cartello indicatore è poco visibile perché seminascosto dalla vegetazione.
Da questo punto si seguono per un tratto le indicazioni del sentiero regionale 535 "Anello dei Pianazzi".


Sul sentiero si incontrano i ruderi delle Case Sedovì, dovenel corso del rastrellamento decine di partigiani furono quasi sorpresi dai tedeschi mentre mangiavano una polenta offerta dai contadini della frazione, e si salvarono grazie a una fuga precipitosa.

«Al termine di una ripida salita si giunge in cima al Bric Alto delle Scarne. Il luogo, dall’impareggiabile panorama a 360°, venne utilizzato ripetutamente per lanci da parte degli alleati che sui retrostanti Pianazzi trovavano uno spazio pianeggiante ed ampio. Sui contrafforti di rimpetto al Bric si schiantò, durante una missione, un aereo inglese sul quale prestava servizio l’allora maggiore Jan Smith, che in seguito sarebbe diventato primo ministro (secessionista) della Rodhesia» (fonte: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Provincia di Alessandria "Carlo Gilardenghi")

Il Bric Alto delle Scarne visto dal punto panoramico "Pianazzi"

Dal Bric Alto delle Scarne (737 m.) si continua sul sentiero 535 fino ai Pianazzi (776 m.) dove si prende la strada sterrata che prosegue verso O (indicata dal cartello "Ritorno a Moretti 1h). In questo modo si arriva alla frazione Moretti e quindi, su strada asfaltata, a Piancastagna.



La zona tra Piancastagna e la frazione Abasse, dove "Mingo" dispose le mitragliatrici con cui contrastò l'avanzata nazista, può essere visitata percorrendo il sentiero regionale 533, "Anello dei Gorrei".