lunedì 3 febbraio 2020

Ferrovie storiche da Pistoia e Prato




Dal binario 1 della stazione di Pistoia partono i treni per Porretta Terme. Viaggiano sulla “Porrettana”, linea inaugurata nel 1864, costruita per collegare Bologna a Pistoia ovvero unire la rete dell'Italia settentrionale con quella toscana attraverso l'Appennino tosco-emiliano. Distrutta dai tedeschi durante la ritirata dalla linea Gotica, venne rapidamente ricostruita e riaperta già nel 1947. Attualmente il collegamento è spezzato in due tratte e chi parte da Pistoia deve cambiare a Porretta Terme per raggiungere Bologna. La prima tratta richiede 50 minuti di viaggio e permette di godere dal treno del piacere, non frequentemente accessibile in Italia, di salire di quota in un ambiente montano e osservare paesaggi notevoli.

Lasciata Pistoia, il treno entra nella valle Ombrone e dopo pochi minuti le viste si fanno attraenti. Affacciarsi al finestrino per ammirare il panorama fu fatale, il 18 settembre 1923, a un viaggiatore inglese, William Pearson, che cadde per l'apertura accidentale della porta dello scompartimento. Soccorso da un gruppo di operai che lavoravano sulla ferrovia, venne portato alla vicina villa dei conti Corsini, nella frazione San Felice. Ricoverato all'ospedale di Pistoia, vi morì una settimana più tardi per le lesioni spinali subite. Pearson fu cremato e le ceneri vennero poste in una tomba nel cimitero comunale. La giornalista fiorentina Francesca Cecconi ha indagato su William Pearson: originario di Liverpool, si trasferì in India nel 1907; lavorò inizialmente come insegnante di scienze naturali, quindi conobbe il poeta Rabindranath Tagore, di cui divenne il segretario personale. Cecconi ha pubblicato nel numero 25 della rivista Erodoto108 i risultati della sua indagine, che l'ha condotta a scoprire anche che nel 1935 Tagore venne a Capostrada, in provincia di Pistoia, in visita ai coniugi che si erano presi cura di William Pearson dal 18 al 25 settembre 1923: Angelo, medico condotto, e Mary, inglese e infermiera. Si trattò di una visita privata, di cui non c'è traccia nei giornali dell'epoca; Cecconi ne ha trovato le tracce, una serie di fotografie, letteralmente in fondo a un baule dimenticato in una polverosa soffitta.

La “Porrettana” è ricca di soluzioni ingegneristiche di pregio: 35 sono i ponti e viadotti, e 47 gallerie fra cui le due a tornante fra Piteccio e Castagno, purtroppo invisibili durante il viaggio.

                                             Viadotto di Piteccio prima del 1900 (foto Alinari)

La terza fermata, dopo Pistoia Ovest e Corbezzi, è Castagno di Piteccio, dove si trova una stazione minuscola e circondata dal bosco. Un cartello avvisa i viaggiatori che si trovano già a 500 metri di altitudine rispetto ai 65 di Pistoia.


Dopo la stazione di San Mommè, una galleria permette al treno di passare dalla valle dell'Ombrone a quella del Reno. Si sbuca dal traforo a Pracchia, dove si raggiunge il punto più alto del percorso.


Fino al 1965, partiva da Pracchia un'altra linea ferroviaria, la Ferrovia Alto Pistoiese, diretta a San Marcello Pistoiese e Mommiano. La stazione e la sua ampia zona dei binari suscitano oggi una sensazione di abbandono e di nostalgia per un'epoca di intensi traffici passeggeri e merci. Iniziata la discesa, il treno entra in Emilia e costeggia per tratti abbastanza lunghi il Reno. La costruzione di una ferrovia provoca spesso la nascita di centri abitati: è il caso di Molino del Pallone e Ponte della Venturina.




Ultima stazione: Porretta Terme.

Nella piazza Santa Maria della Pietà di Prato, di fronte all’omonima chiesa, si può vedere il monumento che la città ha dedicato a Gaetano Magnolfi.

                                         (foto di Massimiliano Galardi)

Nato a Prato nel 1786, divenne intorno ai quarant'anni uno dei maggiori imprenditori pratesi del suo tempo. Nel 1830, ottenuta l'approvazione del granduca Leopoldo II, fondò la Cassa di risparmio cittadina e da quel momento si dedicò a numerose attività filantropiche: la direzione delle scuole di carità per ragazze di umile estrazione, la creazione del primo asilo femminile della Toscana (ispirato dal lavoro di Ferrante Aporti), la costruzione di un orfanotrofio. Quest'ultimo, inaugurato nel 1837 in locali annessi alla sua abitazione, venne trasferito l'anno successivo nell’ex convento della Pietà, già soppresso dal granduca Pietro Leopoldo nel 1786.
Leopoldo II sovvenzionò la ristrutturazione dell'edificio e dispose che dal patrimonio ecclesiastico della città si traesse ogni anno una somma per finanziare l'orfanotrofio, ma per alcuni anni i costi vennero per la maggior parte coperti da Magnolfi stesso. Una lapide posta nel corridoio d'ingresso dell'ex convento ricorda che nel 1841, una delegazione degli scienziati italiani riuniti a congresso a Firenze, si recò a Prato per esprimere stima e ammirazione a Magnolfi.
Nel 1845, Magnolfi e un gruppo di imprenditori chiesero a Leopoldo II l'autorizzazione a costruire una ferrovia che collegasse Firenze a Pistoia. Il filantropo fece inserire nell'atto costitutivo della società anonima della strada ferrata “Maria Antonia”, creata per concessione del granduca allo scopo di gestire la ferrovia, una clausola che obbligava la società a corrispondere annualmente all'orfanotrofio una rendita di trentamila lire. Inoltre, nei locali dell'ex convento si allestì un'officina per la fabbricazione e la manutenzione del materiale rotabile.
La tratta Firenze-Prato venne inaugurata il 2 febbraio 1848, alla presenza del granduca. Non altrettanto celere fu la società anonima nel versare le somme dovuto all'orfanotrofio, a cui il denaro giunse solo nel 1852. Magnolfi fu anche costretto ad accettare la chiusura dell'officina.
Dal 2003 l'ex orfanotrofio, attivo fino al 1978, è diventato un centro culturale che si occupa di formazione, produzione e ricerca teatrale e musicale; al suo interno è ospitato un ostello che mette a disposizione dei viaggiatori gli spazi un tempo adibiti a celle del convento.