Salvatore
Rizzuti ha donato trentatré delle sue opere al Museo Civico di
Caltabellotta, sua città natale. L'aggettivo che meglio le descrive
è: potenti. Vale per le sculture di Rizzuti quanto scrisse Henry
Moore: «Esiste
una differenza funzionale tra la bellezza di espressione e la potenza
di espressione. Mentre la prima non ha altro scopo che di piacere ai
sensi, nella seconda si ritrova una vitalità spirituale in grado di
suscitare un coinvolgimento ben più profondo, non limitato a una
sensualità di superficie.»1
Quando,
nel 1982, gli venne chiesto di realizzare un'opera che commemorasse i
Vespri siciliani, Rizzuti decise di rappresentare la violenza subita
dai siciliani da parte dell'invasore Carlo d'Angiò, senza tacere il
ruolo del papa Clemente IV regista dell'operazione (ideata dal suo
predecessore Urbano IV). Nell'opera, quindi, la Sicilia è la donna
al centro del gruppo, violentata da Carlo mentre il papa la tiene
bloccata incatenandole i polsi.
La
cattiva maestra, del
1986, rimanda all'intervista rilasciata nel 1993 da Karl Popper (inizialmente intitolata Against television, verrà pubblicata in Italia l'anno successivo appunto con il titolo Cattiva maestra televisione).
Nel
2014, in occasione della donazione, Rizzuti scrisse: «Penso
che l'artista non possa e non debba sfuggire al senso
dell'universale, per cui ogni luogo è buono e opportuno; ogni luogo
è centro del mondo; nel caso specifico Caltabellotta è il centro
del mondo, poiché in ogni luogo in cui ci si trova si irradia la
percezione del mondo; non a caso gli umanisti del Rinascimento
compresero e codificarono questo concetto meglio che in qualsiasi
altro tempo.»
A
dieci anni, aveva creato questo fucile giocattolo:
Quale
sarà stato il rapporto fra la lettura dei fumetti di Tex Willer e il
profondo senso della giustizia che lo scultore manifesterà nelle sue
opere? Questo valore si era già formato in lui e perciò il
giovanissimo Salvatore prediligeva l'eroe di Bonelli o, viceversa, il
ranger ha rappresentato un modello da imitare?
1 Sulla
scultura, Abscondita, Milano 2002, p. 17.