Il termine giapponese ukiyoe si traduce abitualmente con "immagini del mondo fluttuante", per indicare il genere di stampe artistiche ottenute da blocchi di legno che si diffuse in Giappone a partire dal XVII secolo.
Ne Il Mondo Fluttuante e le sue immagini l'orientalista Gian Carlo Calza scrive: "In epoca medioevale il termine ukiyo, di derivazione buddhista, indicava la condizione d'impermanenza generata dal mondo quotidiano coi suoi attaccamenti da cui il saggio non deve farsi prendere perché fonte di sofferenza costante. Ma nel Seicento il senso si era del tutto rovesciato e la parola valorizzava proprio quei piaceri fuggevoli delle feste, della moda, del mondo dello spettacolo, dell'amore mercenario, della passione clandestina, dell'effimero, in una parola degli attaccamenti, contro cui la dottrina buddista metteva in guardia dal lasciarsi travolgere. In questa società si riflettevano i nuovi gusti e le nuove aspirazioni sviluppati intorno ai teatri di kabuki e alle "città senza notte". I quartieri di piacere dove le grandi cortigiane creavano nuovi gesti e comportamenti e un'eleganza vistosa e opulenta, basata sull'intrattenimento, sull'essere alla moda, sull'attrarre e respingere al tempo stesso. Dove le case di piacere, oltre a essere ritrovo di gaudenti in cerca di divertimenti, si trasformavano in veri e propri salotti. Vi si incontravano mercanti, attori, letterati, artisti, editori e aristocratici in incognito liberi del rigore formale della loro esistenza quotidiana. Lì, nell'ambiente che ruotava intorno alle oiran, le celebri etére, l'etichetta della seduzione si esprimeva attraverso un canone formale di altissima perfezione, ma al tempo stesso di naturalezza. Donne in grado di improvvisare versi in risposta ad altri lanciati loro in sfida, padrone di diversi stili calligrafici con cui inviare una risposta arguta, maestre nella composizione dei fiori come nei segreti dell'amore, in grado di sostenere o distruggere la carriera mondana di un attore o di un editore, queste "rovina castelli", com'erano anche soprannominate, dettavano le leggi della moda e del comportamento à la page".
Lo scorso 19 novembre, all'Institut Franco-Japonais di Fukuoka, Agnès Giard, giornalista di Libération, ha presentato il suo libro Dictionnaire de l'amour et du plaisir au Japon. Secondo Giard, la cultura giapponese tende a esorcizzare quanto vi è di terrificante nella vita reale (mostruose creature marine, catastrofi naturali, sofferenza e morte) dandone una rappresentazione estetica che ne trasformi la violenza in qualcosa che sia, invece, apportatore di piacere. Sarebbe questo il motivo per cui il concetto buddhista di impermanenza, originariamente intesa come causa di dolore e, pertanto, da rifiutare in vista del raggiungimento dell'illuminazione, venne utilizzato per raggiungere il fine opposto, la ricerca del piacere estetico proprio negli aspetti più effimeri della vita umana e della natura.
"...vivere soltanto per il momento, prestando piena attenzione ai piaceri della luna, della neve, dei fiori di ciliegio e delle foglie di acero, cantare canzoni, bere vino e provar piacere soltanto nel fluttuare, fluttuare senza curarsi minimamente della povertà che grida in faccia e rifiutare di lasciarsi prendere dalla malinconia, fluttuare lungo la corrente del fiume come un secco guscio di zucca: ecco cosa intendiamo per ukiyo" (Asai Ryoi, morto nel 1691, Ukiyo monogatari: Racconti del Mondo Fluttuante).
Per saperne (e vedere) di più:
Il video è stato girato allo Yusentei Garden di Fukuoka, fatto costruire nel 1754 dal signore feudale Tsugutaka Kuroda. Il nome significa "luogo in cui una sorgente è amica" e pare derivi dai versi di Kusesanmi Minamoto Michika: "Ho costruito questo riparo estivo accanto ad una sorgente, le cui acque sgorgano anche quando la calura è insopportabile."