domenica 9 maggio 2010

Costruire infrastrutture nell'interesse collettivo: una storia nepalese

Venti anni fa, Chhongba Lama Sherpa era uno dei giovani studenti che vivevano nel monastero buddhista di Taksindu. Questo gompa si trova a ridosso del Taksindu la, un passo, 3071 metri di altitudine, che costituisce un importante crocevia nella zona del Sagarmatha, parte della regione orientale del Nepal. Non esistono strade carrozzabili, ma da nord a sud si snoda un sentiero che collega Dudh Kunda a Salleri e prosegue verso Katari, mentre da ovest a est il sentiero che giunge da Jiri conduce a Namche Bazar e, poi, al Campo Base dell'Everest. Raggiungere o anche solo vedere la vetta di questa montagna, il cui nome ufficiale nepalese è Sagarmatha e che gli Sherpa chiamano Chomolungma, è l'obiettivo che si prefiggono gli alpinisti e i turisti che arrivano in quest'area. Tuttavia, solo una minima parte di essi transita per il passo di Taksindu; poiché la strada camionabile termina a Jiri, molti preferiscono evitare una settimana di cammino e proseguire in aereo fino a Lukla.

Chhongba è originario di Nunthala, una località che, a piedi, dista un paio d'ore dal monastero di Taksindu. Il suo cognome indica che appartiene all'etnia che si stabilì nella zona del Sagarmatha all'incirca tre secoli fa. Gli Sherpa giunsero attraverso i sentieri che permettevano le comunicazioni con le regioni himalayane più orientali: il loro appellativo è di origine tibetana e significa, appunto, “genti dell'Est”.
A partire dagli anni Cinquanta, alcune importanti figure dell'alpinismo francese hanno favorito l'arrivo in Europa degli Sherpa, introducendoli nell'ambiente dei rifugi di montagna. Le doti di resistenza all'alta quota permettono loro di lavorare per periodi di quattro o cinque mesi in strutture situate a più di 3000 metri di altitudine.
Compiuti i ventuno anni e ottenuto il passaporto, Chhongba intraprende questa strada. Trova lavoro dapprima nella regione francese dell'Alta Savoia e poi, otto anni fa, in Italia, presso il rifugio Vittorio Emanuele al Gran Paradiso. Negli anni successivi, lo raggiungono alcuni familiari, fra i quali la sorella Dolma, che attualmente lavora nel rifugio Quintino Sella al Monviso con il marito Lakpa Temba Sherpa.
Questi è un esperto alpinista ed è stato portatore e guida in spedizioni d'alta quota; per tre volte ha raggiunto la cima del Chomolungma. Come gli altri Sherpa che si dedicano a questa attività, ha messo da parte una discreta somma di denaro, ma ha deciso di smettere per due motivi: l'elevato rischio che il mestiere comporta e l'indignazione per il comportamento arrogante di molti alpinisti europei e americani nei confronti dei portatori, specialmente di quelli che li accompagnano solo fino ai campi base, più poveri e meno dotati fisicamente.

Durante le estati trascorse in Italia, Chhongba e Lakpa stringono legami con numerosi frequentatori dei rifugi; sono amicizie che nascono dalla stima reciproca, non dalla commiserazione o dall'adulazione: uniscono persone che evitano di incasellare il prossimo secondo gli stereotipi del “povero” o del “ricco”.
Lakpa e Chhongba diventano il punto di riferimento di quanti sono alla ricerca di informazioni per organizzare ascensioni o trekking in Nepal. Nel frattempo, i due nepalesi sviluppano un progetto: dotare i loro villaggi d'origine di infrastrutture al servizio della collettività, che costituiscano la base per il suo sviluppo economico e sociale. Ne parlano, in Italia, con alcuni amici, volontari del Soccorso Alpino Saluzzese, a cui propongono di contribuire, innanzitutto, alla costruzione di un presidio sanitario a Nunthala, in una zona densamente abitata, dove la struttura ospedaliera più vicina dista tre giorni di cammino.
Chhongba e Lakpa coinvolgono i rappresentanti delle comunità di Nunthala e dei villaggi circostanti nella messa a punto di un progetto che viene approvato dall'Autorità competente, la quale si impegna a garantire la presenza di due operatori sanitari. Il finanziamento viene assicurato dalla Delegazione Saluzzese del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, che, nel 2004, decide di celebrare così il suo mezzo secolo di attività. Per la realizzazione dell’opera vengono assunti artigiani del posto e utilizzati materiali ricavati in loco.
Nel 2006 il presidio diviene operativo sotto il controllo di un comitato di gestione, eletto dai rappresentanti dei villaggi interessati. La struttura, costituita da due ambulatori, un dispensario e due alloggi per il personale, pratica l’assistenza sanitaria di base ed utilizza farmaci il cui acquisto è finanziato dal Soccorso Alpino. Essa dispone, inoltre, di un concentratore d'ossigeno, apparecchio utile per il trattamento delle insufficienze respiratorie.

Intanto, forti dell'esperienza maturata nella fornitura di appoggi logistici agli alpinisti europei, nel 2006 Lakpa e Chhongba hanno fondato un'agenzia turistica, la Monviso Treks & Expedition, con sede a Kathmandu. Nell'attività hanno coinvolto molti familiari, fra i quali i quattro fratelli di Lakpa, tutti alpinisti che hanno già raggiunto la vetta del Chomolungma. Durante la stagione turistica nepalese, che si conclude nel mese di aprile, lavorano attualmente per la Monviso decine di persone, reclutate, soprattutto, nella zona di Phaplu, una località che dista un giorno di cammino da Nunthala ed è dotata di una pista di atterraggio per piccoli velivoli.

A partire dal 2007, i due nepalesi e gli amici italiani si dedicano alla seconda parte del progetto: la costruzione di un impianto idroelettrico che possa fornire energia al presidio sanitario, alla scuola frequentata da circa 300 bambini ed alle abitazioni di Nunthala e dei villaggi circostanti, Deku, Hewa, Chhulemu e Taksindu, per un totale di circa duecento famiglie. Alla popolazione verrà offerta una fonte energetica alternativa all’utilizzo della legna, attenuando, in tal modo, il processo di deforestazione che sta interessando la zona. La legna da ardere, infatti, è il combustibile utilizzato per cucinare, riscaldare le abitazioni e assicurare docce calde ai turisti. Essa viene attinta da foreste di abeti e rododendri piuttosto distanti dai villaggi, i quali sono circondati da estesi terrazzamenti coltivabili, ricavati meticolosamente dai fianchi dei monti. Pertanto, il trasporto, che avviene per mezzo di gerle che gli Sherpa caricano sulla schiena e sostengono, tramite una cinghia, con la fronte, è oltremodo faticoso.
La progettazione della centrale, capace di produrre 28 chilowatt, è affidata a una ditta nepalese, così come la fornitura e il trasporto dei materiali necessari. Ciascuna delle famiglie interessate offre dieci giornate di lavoro, gestite da un gruppo di diciotto persone elette dalle comunità dei cinque villaggi. Terminati i lavori, si insedierà un comitato di gestione formato da dieci persone, donne e uomini che si sono particolarmente prodigati per la realizzazione del progetto; essi si avvarranno del lavoro di due dipendenti a tempo parziale. Anche il monastero di Taksindu verrà allacciato alla rete elettrica, su richiesta degli abitanti, i quali ne apprezzano il compito di promozione sociale e culturale.

Il 5 aprile 2010 la centrale idroelettrica viene inaugurata alla presenza della popolazione dei villaggi raggiunti dal servizio, insieme con i volontari e gli amici del Soccorso Alpino di tutto il Piemonte. Chhongba e Lakpa ricevono il plauso di tutti: nel corso degli ultimi sei anni hanno generosamente messo le loro capacità di leadership a disposizione della popolazione, la quale, a sua volta, ha dimostrato di saper agire in vista dell'interesse collettivo, con uno spirito di cooperazione libero da particolarismi. I discorsi ufficiali, privi di retorica, sottolineano i legami di amicizia, affetto e reciproca riconoscenza che si sono stabiliti fra le persone che hanno collaborato alla realizzazione del progetto. Tuttavia, la sintesi più benaugurante sta, probabilmente, nelle parole pronunciate da un fabbro che vive e lavora in uno dei villaggi nei quali è arrivata l'elettricità: «D'ora in poi, la sera potrò finire il lavoro con calma e, dopo, leggere o aiutare i miei figli a fare i compiti e studiare.»

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