lunedì 7 dicembre 2015

Mitsuo Aida, Il nostro debito verso gli altri







Poiché ci sono i dipendenti,
ci possono essere i dirigenti.
Poiché ci sono i subalterni,
ci possono essere i superiori.
Poiché ci sono gli studenti,
ci possono essere gli insegnanti.
A ogni esame, poiché ci sono i bocciati,
ci sono i promossi.
Poiché ci sono i loro sostenitori,
le stelle e gli eroi possono splendere sotto le luci della ribalta.
Poiché ci sono persone che comprano,
le merci possono essere vendute.
Poiché ci sono persone che vendono,
le merci possono essere comprate.

E poiché ci sono quelli
che leggono il mio goffo lavoro pieno di scarabocchi infantili,
io posso essere uno scrittore.

Nessuno al mondo può vantarsi
di non dovere la propria esistenza a qualcun altro.
Tutto ciò che sappiamo,
tutto ciò che facciamo,
e tutto ciò che abbiamo realizzato nelle nostre vite,
esiste grazie agli altri.


Mitsuo Aida (1924-1991), calligrafo e poeta giapponese, ha pubblicato Il nostro debito verso gli altri nel 1987. La presente traduzione in italiano è stata eseguita a partire dalla versione inglese di Tim Jensen, contenuta in The here and now. The Art, Ideas and Poetry of Mitsuo Aida, Diamond 1996.





domenica 15 novembre 2015



Ne ho seminate, di speranze, e ora raccolgo caciocavalli; ne ho fatti di castelli in aria, e pùnfete, ho battuto con il corpo in terra! […] Ho calato la secchia nel pozzo delle voglie amorose e m'è rimasto il manico in mano; ho steso il bucato dei disegni miei e mi vi è piovuto sopra a cielo aperto.
[Giambattista Basile (1575-1632), Lo cunto de li cunti]




Le occasionali delusioni non sono sufficienti, tuttavia, a far desistere noi sognatori. Ci sostiene la convinzione che la felicità sia più vicina di quanto sembri, vicina quanto il tavolino di un caffè al quale ci si siede con un amico.
Così si rianimano in noi le speranze, come accade in Qualche piccola pergola, una poesia di Giuseppe Conte contenuta nella raccolta dall'eloquente titolo Ferite e rifioriture (Mondadori, 2006):

Portami ancora, vita,
portami ancora, ti prego,
qualche piccola pergola
qualche grappolo d'uva
- c'era sul terrazzino
dalla panchina azzurra
della casa di quand'ero bambino
in via Carducci 3 -
regalamele tu
domestiche vendemmie
da cui poi ricavare
il vino di un sorriso.
Di quel sorriso schietto,
intimidito e tutto
luce candida e vera
che solo mi rassicura.
Portamelo tu ancora.
Di quello non mi privare.


venerdì 21 agosto 2015

La Via Francigena da Aosta a Lucca


L'incontro con chi viaggia a piedi stimola la generosità?
La pratica del dono ai pellegrini è diffusa e istituzionalizzata in Giappone (si veda il mio post); ora che i viandanti sulla Via Francigena stanno diventando sempre più numerosi e la Via stessa più conosciuta, anche in Italia capita al camminatore di essere il destinatario di gesti di gentilezza o di ricevere dei piccoli doni. 
Ci sono i volontari che si occupano dell'accoglienza dei pellegrini presso strutture comunali o parrocchiali, e lo fanno con notevole attenzione (un esempio per tutti è la custode dell'abbazia di S. Albino a Mortara, che tiene una fetta di anguria fresca pronta per tutti i viaggiatori schiantati dall'afa padana). Poi ci sono le persone che, dalla Val d'Aosta all'Emilia, incoraggiano il viandante con un augurio o un'offerta:



  
A Tromello (PV) questo signore apre ai pellegrini le porte e il frigorifero di un circolo parrocchiale invisibile dall'esterno e regala a tutti una spilla e un attestato di passaggio:

  
Camminando da Camaiore a Lucca, sono sbucato da un sentiero sulla piazzetta del paesino di Montemagno. Un bar con due tavolini sul marciapiede, ad uno dei quali erano sedute tre persone. Il più corpulento dei tre mi apostrofa: "Pellegrino sulla via Francigena?" Rispondo di sì e vengo invitato a bere qualcosa. Il signore si chiama Giuseppe ed è un sostenitore della tesi che il denaro sia l'origine di tutti i mali. Progetta di aprire un ostello dal quale i soldi siano banditi. Quando ci stiamo salutando, sbuca Roberto, un camminatore di Como con cui avevo condiviso sentieri, ostelli e cene nei tre giorni precedenti. Altra bella persona. Giuseppe offre un succo di frutta anche a lui e la conversazione si ripete.
Infine ripartiamo, Roberto ed io. E' un mondo piccolo e marginale, quello che abbiamo abitato per qualche settimana, quasi una riserva indiana in cui si possono fare begli incontri. Ma c'è.