venerdì 31 dicembre 2010

Chi sogna può muovere le montagne




Glasgow, aprile 1873. Henry Dyer sta per lasciare la sua terra natale, la Scozia: a Southampton lo attende una nave per il Giappone. Sa che non sentirà la mancanza del verde e del grigio dei panorami e dei cieli scozzesi perché il suo compagno di studi all'Anderson College, Yamao Yōzō, gli ha assicurato che li ritroverà. Quello che Dyer (un cognome che significa “tintore”) non sa è che la sua attività innescherà delle trasformazioni che modificheranno definitivamente il paesaggio stesso del Giappone e in alcuni casi, letteralmente, le sue tinte.

Venticinquenne, Dyer si è appena laureato in Ingegneria; è sempre stato uno studente brillante e, perciò, i suoi docenti lo hanno indicato per un incarico particolarmente impegnativo. Il nuovo governo giapponese ha avviato un piano di reclutamento di esperti stranieri per ottenere il trasferimento delle tecnologie necessarie a modernizzare il Paese. Dopo la Restaurazione del potere imperiale del 1868 e la conseguente fine del sistema feudale e isolazionista dello shogunato, sono saliti al potere gli esponenti più progressisti del ceto dei samurai. Nel 1863, quando erano poco più che ventenni, cinque di essi, partiti dalla città di Hagi, erano riusciti a espatriare segretamente per andare a studiare in Gran Bretagna. Ito Hirobumi, Inoue Kaoru, Endō Kinsuke e Nomura Yakichi sarebbero poi diventati, rispettivamente, il Primo Ministro, il Ministro degli Esteri, il Direttore della Zecca e il Direttore delle Ferrovie. Il quinto del gruppo, Yamao Yōzō, sarebbe stato, in qualità di Vice Ministro dei Lavori Pubblici, il fondatore e il Rettore del Collegio Imperiale di Ingegneria di Tōkyō, ai cui laureati si deve in gran parte l'industrializzazione del Paese.

Il 3 giugno del 1873, Yamao Yōzō accoglie in Giappone il suo amico Henry Dyer, che sbarca dal piroscafo britannico Avoca proveniente da Hong Kong. Nei quasi due mesi di viaggio, Dyer ha preparato il piano di studi che verrà adottato dal Collegio Imperiale di Ingegneria: basandosi su metodi di insegnamento considerati all'epoca rivoluzionari, il corso di laurea si svilupperà su sei anni, i primi due dedicati allo studio dell'Ingegneria generale, seguiti da due anni di insegnamenti specialistici e da due anni di pratica. A questo scopo, Dyer farà costruire le officine di Akabane, che diventeranno le più grandi del Giappone. Yamao Yōzō accetta senza riserve il piano di Dyer e ad agosto la loro creatura apre i battenti e accoglie i primi 56 studenti.

Nel 1883 un allievo di Dyer, Tanabe Sakuro, appena ventiduenne, discute una visionaria tesi di laurea: la canalizzazione delle acque del Lago Biwa, il maggiore bacino d'acqua dolce del Paese, dalla località di Ōtsu fino a Kyōto, che si trova ad un'altitudine di 40 metri inferiore. Tanabe ha tradotto in un progetto di ingegneria un sogno che gli abitanti di Kyōto coltivano da lungo tempo, ma progetto e sogno sarebbero destinati a rimanere irrealizzati se non si fosse verificato, nel frattempo, un evento storico per altri versi negativo: il trasferimento a Tōkyō della capitale dell'Impero. Ciò aveva provocato la crisi delle attività economiche tradizionali di Kyōto, che erano in larga misura riconducibili alle forniture di beni di lusso e di consumo destinati alla corte e ai suoi dipendenti. Da anni, le autorità municipali cercavano di stimolare la ripresa dell'economia: avevano creato, per esempio, le scuole elementari municipali e investito nell'istruzione professionale artigianale e artistica, ma non era stato sufficiente. Ora, il Governatore della Prefettura, Kitagaki Kunimichi, ha deciso di puntare sul commercio e sull'industria; un canale che collegasse Kyōto alla Prefettura di Shiga, in cui si trova il Lago Biwa, farebbe aumentare i traffici di riso, carbone, sake e ceramiche da e verso Ōsaka, faciliterebbe l'irrigazione delle colture e permetterebbe la costruzione di un impianto idroelettrico in grado di fornire energia a nuove industrie. Venuto a conoscenza della tesi di laurea di Tanabe, Kitagaki lo incarica, nel maggio 1883, di dirigere la costruzione del canale. Il progetto incomincia a perdere la consistenza dei sogni ad assumere quella del legno e della pietra.



Il primo ostacolo si presenta sotto una forma squisitamente mondana: il reperimento dei fondi necessari; l'amministrazione municipale prevede di spendere 1,25 milioni di yen (equivalenti a 10 miliardi di euro odierni) e dovrà, perciò, integrare i finanziamenti statali con l'imposizione di nuove tasse locali; a risultare determinante, sarà, però, l'intervento dell'Imperatore, che coprirà personalmente un terzo dei costi. I lavori di costruzione avranno inizio nel giugno del 1885. Per portarli a termine, Tanabe dovrà utilizzare tecnologie moderne e risorse antiche, coniugando le innovazioni d'importazione e la tradizione giapponese: lo scavo di pozzi verticali, l'uso della dinamite, materiali da costruzione in legno e, soprattutto, il proprio zelo e la manodopera dei suoi operai. Si stima che quattro milioni di persone abbiano lavorato alla realizzazione del Canale, impiegando soltanto cinque anni per terminarlo: viene ufficialmente inaugurato nel 1890 e l'anno successivo diventa operativa anche la centrale idroelettrica di Keage, sulle colline orientali di Kyōto. Per la sua progettazione, Tanabe si è ispirato alla centrale vista nel 1888 ad Aspen, in Colorado, durante un suo soggiorno negli Stati Uniti.

Poiché le acque percorrono un tunnel lungo 2436 metri e superano un dislivello di 36 metri, cose che le imbarcazioni non potrebbero fare, sempre nella zona di Keage viene costruito un piano inclinato che permette alle barche di effettuare una parte del tragitto via terra, una volta caricate su un apposito carrello che si muove su rotaie.


La disponibilità di energia elettrica e di una comoda via di trasporto delle merci rivitalizzano l'economia di Kyōto: ne beneficiano i setifici, la manifattura dei tabacchi, le industrie chimiche e meccaniche; nascono le prime linee tranviarie cittadine e la ferrovia elettrica per Fushimi, dove fiorisce la produzione di sake. Il paesaggio urbano viene radicalmente modificato e comincia ad assumere la forma attuale con l'allargamento delle vie principali, la costruzione di nuovi quartieri, di nuovi canali e delle loro diramazioni. Il sentiero che fiancheggia una di queste ultime, nella zona orientale della città, diventerà poi celebre come la “passeggiata del filosofo”, in quanto era la meta preferita di Nishida Kitarō; oggi, è un'attrazione turistica, così come il piano inclinato: il canale, infatti, a partire dagli anni Quaranta ha perso la concorrenza con le nuove ferrovie e strade rotabili per quanto riguarda il trasporto delle merci.

«Chi sogna può muovere le montagne» è una frase pronunciata dal protagonista del Fitzcarraldo di Werner Herzog. Anch'egli, come Tanabe Sakuro, vorebbe far passare le imbarcazioni là dove le montagne lo hanno sempre impedito e anch'egli (come, nella realtà, Herzog stesso) costruisce un piano inclinato per la sua nave. Fitzcarraldo frequenta il teatro dell'opera di Manaus nel periodo in cui, alla fine dell'Ottocento, la città vive il suo boom economico grazie alla produzione di caucciù e sogna di aprire un teatro per l'opera nel villaggio amazzonico in cui vive; Tanabe si trova ad Aspen quando, grazie all' estrazione dell'argento, vi si costruisce un teatro per l'opera.

Fitzcarraldo, però, a differenza di Tanabe, deve venire a un compromesso con le circostanze naturali sfavorevoli: rinuncerà alla costruzione del teatro e si accontenterà di organizzare nel suo villaggio l'esecuzione de I Puritani di Bellini. Piuttosto, è Herzog che si può accomunare a Tanabe, in quanto è riuscito, impiegandoci quattro anni e superando difficoltà di ogni genere, a portare a termine la lavorazione del film che sognava di girare. Forse, per loro due più che di sogni si deve parlare di nozomi, un termine giapponese che significa “desiderio”, “speranza” e anche “sfida”, a sottolineare il legame che unisce i progetti e l'impegno necessario per la loro realizzazione. Non per nulla Nozomi è anche il nome del più moderno dei treni superveloci che, a partire dagli anni Sessanta, hanno rivoluzionato i trasporti e le abitudini dei giapponesi; ma questa è la storia di un altro sogno.

martedì 21 dicembre 2010

Scuole che chiudono, scuole che aprono

La città di Kyōto è orgogliosa delle sue scuole elementari municipali, fondate tre anni prima che il governo nato dalla Restaurazione Meiji introducesse, nel 1872, l'istruzione elementare obbligatoria. La loro storia è celebrata nel Kyōto Municipal School Museum, che dal 1998 occupa un'ala della Scuola Elementare Kaichi, liberatasi con il calo demografico degli anni Novanta del secolo scorso.

Nel 1869 gli “anziani” di Kyōto, preoccupati per le ricadute negative che il trasferimento della capitale a Tōkyō avrebbe avuto sull'economia cittadina, “pensarono che fosse fondamentale istruire la popolazione affinché Kyōto tornasse ricca”. Ad ogni famiglia dotata di un fornello da cucina venne chiesta una donazione per costruire una scuola di quartiere e ai distretti che non riuscirono a raccogliere il denaro necessario la prefettura concesse un prestito. In questo modo, nacquero 64 scuole, che nutrirono “gli ideali di autogoverno, autodifesa e amore per la comunità” e rivitalizzarono le tradizionali produzioni artigianali e artistiche.

Nel museo non è consentito scattare fotografie, ma i cimeli esposti sono visibili sul sito http://kyo-gakurehaku.jp

Fra gli oggetti raccolti, ci sono i sussidiari degli anni Trenta che trasudano nazionalismo e militarismo e quelli degli anni Cinquanti censurati dalle autorità occupanti statunitensi. C'è il ritratto di Genzō Shimadzu, fondatore della Shimadzu Corp., industria che produce strumenti di precisione, vanto della città specialmente dal 2002, quando un suo ricercatore, Kōichi Tanaka, vinse il Premio Nobel per la Chimica.


In un'altra delle scuole elementari nate nel 1869 e rimaste inutilizzate negli anni Novanta, la Tatsuike, è stato aperto, nel novembre 2006, il Kyōto International Manga Museum. L'idea è nata alla Kyōto Seika University, che si è dotata dal 2001 di un Istituto di Ricerca sui Manga (http://imrc.jp) e dal 2006 di una Facoltà di Manga.

In Giappone i fumetti non sono più considerati una sottocultura, ma riconosciuti come un'industria strategica. Il loro successo internazionale a partire dagli anni Ottanta, e le conseguenti possibilità di espansione del mercato, ne hanno decretato la definitiva istituzionalizzazione; nel 2000, il Ministero dell'Educazione ne ha formalizzato l'ingresso nei programmi scolastici degli istituti artistici.

Il Museo, accanto alle attività di raccolta e conservazione, si propone come centro di ricerca, studi e formazione in grado di “creare cultura e sviluppo industriale” e “promuovere il turismo”. La sua ambiziosa visione è evidente nel diagramma che compare nel suo sito alla pagina

http://www.kyotomm.jp/english/about/mm/about-imrc.php

lunedì 20 dicembre 2010

Le sete di Nishijin




La storia dei tessitori di Kyōto è l'epitome delle virtù dei giapponesi: sono attaccati alla tradizione e lavorano con dedizione, sanno resistere e recuperare di fronte alle avversità, sviluppare nuove tecnologie, studiare, “raggiungere e superare” i sistemi di produzione di altri Paesi, possiedono un senso estetico raffinato e abilità artigianali impareggiabili. Osservarli all'opera è uno spettacolo appagante.

A Kyōto si producono tessuti da più di 1200 anni, da quando, nel 794, l'imperatore Kammu la scelse come capitale; per un paio di secoli, l'attività venne gestita dall'amministrazione governativa, poi nacquero dei produttori indipendenti, che rapidamente assimilarono nuove tecniche di tessitura apprese nella Cina della dinastia Sung.

Allo scoppio della guerra Ōnin, nel 1467, gran parte della città venne distrutta, compreso il quartiere dei tessitori; essi furono costretti a fuggire, ma, alla fine del conflitto, ritornarono e si stabilirono in una zona che durante la guerra era stata occupata dall'esercito; Nishijin, infatti, significa semplicemente “accampamento occidentale”.

Grazie al patrocinio della corte imperiale e dei grandi samurai, nei secoli seguenti la produzione tessile fiorì, continuando a elaborare innovazioni tecnologiche e ad assorbirne dalla Cina dell'epoca Ming.

Nel XIX secolo i tessitori di Nishijin furono costretti ad affrontare la crisi economica del 1837, il trasferimento della capitale a Tōkyō nel 1869 e, soprattutto, la nuova moda degli abiti in stile occidentale. Reagirono inviando degli osservatori a Lione, impararono ad usare i telai Jacquard a scheda perforata, e per la fine del secolo l'industria tessile era di nuovo in crescita, perfettamente inserita nello sviluppo del sistema capitalistico giapponese.

I tessuti di Nishijin sono rinomati per i loro colori. Il filato viene tinto prima della tessitura e, quindi, intrecciato sulla base di un modello disegnato e colorato a mano.



Dai modelli si ricavano le schede perforate su cui si basa il funzionamento dei telai Jacquard meccanici; accanto ad essi, da alcuni decenni i tessitori utilizzazo telai elettronici che, riducendo i costi, permettono di “portare il piacere dei tessuti di Nishijin ad un numero maggiore di persone”.


Alcune lavorazioni richiedono, infine, un ultimo aggiustamento a pennello.



I risultati sono splendidi kimono e magnifici obi.



Per saperne di più:

domenica 5 dicembre 2010

Momijigari




Fukuoka, isola di Kyūshū. Sono le 8,30 di un sabato mattina di metà novembre e mi sto lavando i denti. La mia padrona di casa, la signora Satoko, bussa alla porta del bagno e mi ingiunge di sbrigarmi; ci aspetta in strada, dice. Cinque minuti dopo, esco di casa con la madre della signora, nonna Tomoko. La fretta è dovuta la fatto che stiamo andando al tempio Raizan Sennyoji per il momijigari e la signora Satoko non vuole rimanere imbottigliata nel traffico.

Di cosa sto parlando? Il momijigari è un'attività tradizionale giapponese che consite nell'andare, in autunno, a caccia di alberi le cui foglie assumono colori particolarmente attraenti, come il rosso scarlatto degli aceri o il giallo dei ginkgo. Kari, infatti, si traduce con “caccia” e il momiji è l'acero giapponese (Acer palmatum): ne esistono centinaia di varietà, alcune delle quali raggiungono i 16 metri di altezza, e spesso l'albero assume forma emisferica. A sua volta, l'etimologia della parola momiji risale all'antico termine momizu, che significa tingere di rosso. Per estensione, il vocabolo indica anche il nono mese del calendario lunare.





Il momijigari nacque come passatempo dell'aristocrazia nell'era Heian (VIII-XII sec. d.C.), e si diffuse fra le altre classi sociali in epoca Edo, a partire dal XVII secolo. Oggi sono decine di milioni i giapponesi che in autunno si muovono alla ricerca di aceri imporporati, spingendosi anche in Canada o in Spagna, in Estremadura. I principali canali televisivi mostrano ogni giorno i luoghi migliori per la caccia; il Raizan Sennyoji Daihiohin è uno di questi, ospita un imponente acero vecchio di quattro secoli e ciò spiega la fretta della mia padrona di casa. Arriveremo in tempo per parcheggiare a una ragionevole distanza dal tempio e riusciremo a passeggiare senza doverci accalcare, ma alle 10,30, quando lasceremo il sito, incroceremo una coda di automobili di un paio di kilometri.



La caccia ai momiji inizia a metà settembre nell'isola di Hokkaido, la più settentrionale dell'arcipelago giapponese; il fronte delle foglie rosse si sposta, poi, verso sud e raggiunge le isole più meridionali alla fine di Novembre. L'ente nazionale del turismo pubblica sul proprio sito un calendario che permette di organizzare gli spostamenti nei periodi giusti.

http://www.japan-guide.com/e/e2014.html

Il più visitato dei siti giapponesi per turisti fornisce una Guida ai colori dell'autunno, in cui spiega quali alberi cambiano colore, dove e quando. Oltre ai boschi di piante caducifoglie che coprono una considerevole porzione del territorio, particolarmente apprezzati sono i giardini dei templi zen.

http://www.jnto.go.jp/eng/indepth/seasonal/seasons_2004autumn-winter/index.html





Il momijigari è un tratto distintivo della cultura giapponese che davvero accomuna cittadini di ogni estrazione sociale; gli appassionati di poesia possono risalire fino ai tanka (poemi di 31 sillabe) del VII secolo per trovare dei riferimenti, gli studiosi di estetica possono collegare la contemplazione delle foglie d'acero alla ricerca della bellezza negli aspetti fugaci ed effimeri della natura e all'apologia della transitorietà derivata dalla metafisica buddhista; chi frequenta il teatro, sia il Nō sia il Kabuki, può assistere alla rappresentazione di un dramma tradizionale intitolato Momijigari; alcuni raccolgono le foglie di acero per poi cucinarle secondo la ricetta del tempura; chiunque, se si trova in una stazione ferroviaria e deve acquistare un regalo per l'ospite che lo attende, può comprare dei dolcetti ispirati al momiji.