venerdì 24 settembre 2010

Vostok, parte sesta



Liberatori


Gedimino prospekta, il boulevard centrale di Vilnius, è dedicato a Gediminas, il granduca filosofo che fondò la città nel 1323. In quei tempi, scrive Saulius Žukas, la pace religiosa regnava nella città e nel territorio. La tradizione della tolleranza ereditata dai tempi pagani e la difesa delle minoranze religiose da parte dell’aristocrazia fecero della Lituania un centro europeo del liberalismo. Nel 1563 fu ufficialmente proclamato, per la prima volta in Europa, il privilegio che riconosceva a tutti uguali diritti di professare e propagare la propria fede. Il documento diventò legge dello Stato e a Vilnius prosperarono le comunità calvinista e luterana, cattolica e ortodossa. La libertà di stampa era assoluta e la città offrì riparo a Ivan Fiodorov, il primo tipografo russo, costretto ad abbandonare Mosca dalla folla che, istigata dai monaci ortodossi amanuensi, gli aveva distrutto la tipografia. L’atmosfera tollerante favorì nel Seicento lo sviluppo della cultura ebraica, espressione di una comunità che i Granduchi avevano invitato a stabilirsi nel Paese nel XIV secolo. Nei dintorni di Vilnius giunsero anche i Caraimi, un popolo di origine turca che aveva abbracciato la religione ebraica di tradizione più antica, precedente all’introduzione del Talmud. Un quartiere di Vilnius, poi, ospitava i Tartari e le loro moschee, nelle quali essi tenevano esposti ritratti del granduca Vytautas, che li aveva chiamati in Lituania a servire nei reggimenti di cavalleria del suo esercito.
Sul prospekta, all’altezza di Lukiškiy aikšte, una piazza fino ad alcuni anni fa dominata dalla statua di Lenin, si trova un palazzo, costruito nel 1899, che è sempre stato scelto come residenza dagli invasori della Lituania: quartier generale dei Polacchi dopo la prima guerra mondiale, quindi della Gestapo e, infine, del KGB. Di quest’ultimo, nei sotterranei, si possono visitare le prigioni. Infernale è la stanza della tortura con l’acqua: al centro della cella c’è un disco metallico di neanche mezzo metro di diametro, rialzato rispetto al pavimento e collegato a un motore sottostante; il detenuto veniva posto sul disco, circondato da acqua gelida, e fatto ruotare su se stesso finché perdeva l’equilibrio e cadeva in acqua; la procedura era ripetuta fino al cedimento del prigioniero. Ora il pianterreno dell’edificio ospita il Museo delle Vittime del Genocidio, in cui è allestita una mostra sulla resistenza antisovietica. La prima reazione dei lituani all’occupazione da parte dell’Armata Rossa venne organizzata dai suoi diplomatici in servizio all’estero: il 19 settembre 1940 essi si riunirono a Roma e formarono un Comitato Nazionale Lituano (LTK) che avrebbe dovuto coordinare gli sforzi per la liberazione del Paese. Le divisioni interne fra filo-tedeschi e filo-britannici, però, paralizzarono questo embrione di governo in esilio. Il 17 novembre, a Berlino, nacque, invece, il Fronte degli Attivisti Lituani (LAF), il quale organizzò la rivolta del giugno 1941, coordinandosi con i piani tedeschi di invasione dell’URSS. Dopo tre giorni di insurrezione partigiana, il 26 giugno l’esercito tedesco entrò in Lituania, accolto dalla popolazione con lacrime di gioia e lanci di fiori. L’Armata Rossa rioccupò il Paese il 13 luglio 1944 e diede inizio a una metodica repressione di qualsiasi tentativo di resistenza. I partigiani, allora, cercarono rifugio nelle foreste, che rimasero le loro basi operative fino al 1953.
Del periodo dell’occupazione nazista non si parla e per trovare qualche informazione mi sposto al Museo Ebraico Vilna Gaon. All’inizio del Novecento Vilnius era uno dei principali centri ebraici in Europa e aveva dato i natali a numerosi sionisti, a esperti studiosi del Talmud e della Bibbia e al pittore Chaim Soutine. Nel 1941 l’antisemitismo era diffuso e insisteva sulla presenza di alcuni ebrei fra i bolscevichi lituani che collaboravano con gli occupanti sovietici. Le uccisioni di cittadini ebrei e il furto dei loro beni cominciarono ancor prima dell’arrivo dell’esercito tedesco e le SS non faticarono a trovare collaborazionisti, alcuni dei quali si autodefinirono “Combattenti per la Libertà”, esattamente come avrebbero fatto i partigiani antisovietici alcuni anni più tardi. I curatori del museo spiegano che «i nazisti vennero accolti come i liberatori della Lituania, meritevoli dell’eterna gratitudine del Paese e della Chiesa cattolica». Un ristretto numero di membri del clero condannò il comportamento dei lituani, tuttavia nessun esponente delle autorità religiose fece nulla per fermarli. L’atteggiamento del governo provvisorio fu di benevola indifferenza. Nel 1995, comunque, è stata aperta la Galleria dei Giusti della Lituania, in cui sono ricordati i 2300 cittadini che aiutarono gli ebrei durante l’occupazione nazista.
Il Museo ospita una mostra sugli ebrei lituani che combatterono contro i nazisti: gruppi armati di resistenti sorsero, fra il dicembre 1941 e il gennaio del 1942, nei ghetti di Vilnius e Kaunas, dediti soprattutto ad azioni di sabotaggio. Nei due anni seguenti circa 1.800 ebrei fuggirono dai ghetti e dai campi di lavoro, si rifugiarono nei boschi e si unirono ai partigiani. Leggendaria è diventata la fuga del 15 aprile 1944 dal campo di sterminio di Paneriai: ottanta prigionieri scapparono attraverso un tunnel che avevano scavato nella terra a otto metri di profondità. Soltanto undici di essi riuscirono a raggiungere le basi dei partigiani. Come gli altri fuggiaschi, entrarono a far parte della resistenza lituana, organizzata in quattro distaccamenti: Il Vendicatore, La Vittoria, La Lotta e Morte al Fascismo. In seguito, i partigiani confluirono nella XVI Divisione Lituana dell’Armata Rossa. Quattro di essi, Vulf Vilenski, Kalman Shur, Grigorij Ushpol e Berel Cindel, ricevettero il titolo di “Eroe dell’Unione Sovietica” per i loro meriti bellici.
Anche Napoleone, come spiega una mostra temporanea allestita al Museo Nazionale, aveva suscitato l’entusiasmo dei lituani. Il loro Stato si era costituito a metà del XIII secolo, riunendo i samogiziani, i semigalli, i curi, i suduvi, gli iotvingi e una parte dei seli, e, assunta la forma di Granducato, era diventato uno dei più estesi Stati d’Europa; nel 1398, infatti, aveva i suoi confini meridionali presso la Crimea e a est si estendeva fino a circa cento chilometri da Mosca. Nel XVIII secolo, però, era stato occupato da russi, austriaci e prussiani. Fin dalle vittorie francesi contro la Prussia nel 1807, perciò, l’aristocrazia lituana si era espressa a favore di azioni militari in appoggio a Bonaparte, ma fu frenata dall’accordo di pace da questi firmato con lo zar e dovette attendere il 1812 per vedere Napoleone attaccare l’impero russo. L’esercito francese attraversò il fiume Nemunas a Kaunas il 24 giugno, il 28 giunse a Vilnius, che divenne la sua base amministrativa, e il primo luglio Bonaparte creò il governo provvisorio del Granducato di Lituania, formato da un gruppo di cittadini che comprendeva anche i rivoltosi indipendentisti del 1794. L’8 dicembre, dopo la disastrosa sconfitta della Berezina, Vilnius fu attraversata dai francesi in ritirata, ma le aspettative di libertà eccitate da Napoleone animeranno ancora le ribellioni antizariste del 1831 e del 1863.

Nessun commento:

Posta un commento