lunedì 27 settembre 2010

Vostok, parte quarta


You cannot sedate all the things you hate


Sono a Łódź per rivedere un amico, Jarrek, che conobbi nel 2000 in India. Invitati a partecipare a un convegno di filosofia, avevamo preso, senza saperlo, lo stesso aereo da Amsterdam a Calcutta. Atterrati alle tre del mattino, avremmo dovuto trovare ad attenderci un’auto del Ramakrishna Mission Institute of Culture. All’uscita dell’aeroporto, però, non c’era traccia dei nostri ospiti indiani e fu così che ci conoscemmo, girovagando in un parcheggio alla ricerca della loro vettura. Non trovandola, prendemmo un taxi insieme per raggiungere Golpark e attraversammo una città già in pieno fermento per l’arrivo delle merci che riforniscono i mercati e i negozi.
Cresciuto agnostico, negli anni Novanta Jarrek ha studiato in Svezia dove è diventato luterano. Oggi in Polonia il suo punto di vista, protestante e liberale, è eccentrico e, pertanto, massimamente prezioso. Ai lavori del convegno alternammo lunghe conversazioni e passeggiate; un pomeriggio il monsone ci colse nel centro della città, che venne rapidamente allagata. Le strade scomparvero sotto mezzo metro d'acqua, ma trovammo un audace tassista che in serata ci riportò in Istituto. Lì, con le scarpe in mano e i pantaloni rimboccati sopra il ginocchio, capii perché gli edifici di Calcutta hanno il portone d’ingresso rialzato di alcuni gradini rispetto al piano stradale.
Questa volta la sistemazione è molto più semplice: Jarrek viene ad aspettarmi alla stazione e mi conduce a casa sua, dove ci aspettano Magda, sua moglie, e Szymon, il loro bambino. Il loro appartamento si trova in uno dei parallelepipedi alti una decina di piani che, a migliaia, contornano le città dell’impero sovietico. Nella Repubblica Céca non mi avevano impressionato negativamente, perché erano generalmente tinteggiati con colori gradevoli e circondati da aiuole curate e alberi d’alto fusto. In Polonia, invece, l’incuria mette a nudo la scarsa qualità dei materiali da costruzione. I miei amici sono entrambi docenti universitari ma i prezzi delle case sono alti anche per loro che, quindi, hanno ripiegato su un quartiere periferico. Gli spazi comuni come il vano scale non sono di proprietà dei condomini e sono lasciati nel totale abbandono; tutta la cura dei proprietari per le proprie abitazioni si manifesta dietro le pesanti porte degli appartamenti.
Con Magda e Jarrek passo tre giorni a parlare: anche se ci siamo scritti spesso, sono cinque anni che non ci incontriamo e le questioni da discutere con la massima urgenza ci sembrano infinite. La sera stiamo a tavola fino a tardi, bevendo vodka żubrówka (quella aromatizzata con l’erba preferita dal bisonte europeo che vive nel parco nazionale di Białowieża) e krupnik, un liquore al miele, ma l’euforia è dovuta, soprattutto, all’intesa che ritroviamo confrontando la fallita defascistizzazione delle stanze del potere nell’Italia del dopoguerra con la mancata desovietizzazione nella Polonia contemporanea, il clientelarismo economico e politico, lo scarso senso civico e il disinteresse per il bene pubblico nei due Paesi. Mi raccontano dei timori che la Russia ancora incute nell’opinione pubblica polacca, dell’astio verso la Germania che è ancora diffuso, dell’appoggio che la Polonia ha dato alla pacifica rivoluzione ucraina del 2004, ricevendo per questo dalla Russia accuse di espansionismo, dell’atteggiamento superficiale di molti polacchi nei confronti dell’Unione Europea, vista soltanto come portatrice di benessere economico e di centri commerciali. Jarrek contesta la dicitura “Europa Orientale” riferita a Polonia e Repubblica Céca, nega che la Russia sia parte dell’Europa, mi spiega che, una volta occupato il suo Paese, è stato con l’abolizione della proprietà privata che i sovietici hanno sradicato dai polacchi qualsiasi interesse personale e, quindi, la possibilità stessa di rivendicazioni democratiche. Inevitabilmente, si finisce a parlare di Locke e del diritto alla proprietà, del legame fra protestantesimo e democrazia, del familismo amorale italiano e di quello polacco, delle prime riforme scolastiche avviate in Polonia, che in Italia rimarranno sogni nel cassetto.
«Non possiamo sedare tutte le cose che detestiamo», è scritto su un muro nei dintorni di Wrocław. Quindi ne parliamo, confidando di riuscire, con questa specie di esorcismo, ad alleviarne il peso.

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